 Regia classica ed inno alla natura The New World Il nuovo capolavoro di Terrence Malick
di Samuele Luciano Vi siete mai chiesti perché è così coinvolgente il canto di un uccello mai sentito prima, o la vista di un paesaggio ancora incontaminato? Perché siamo così attratti da storie di mondi lontani e inesplorati, storie di “nuovi mondi”? Forse la risposta è tutta in questo aggettivo: NUOVO. Nuovo è la possibilità di lasciare il vecchio, il già corrotto, per scegliere la purezza, l’origine. ” Scegliere di lasciare una vita falsa per una vita vera…” pensa il Capitano Smith (Colin Farrell) mentre osserva la sua amata Pocahontas (Q’Orianka Kilcher) correre tra le altissime betulle della Virginia. La piccola rampolla dell’impero Powhatan è altresì attratta dal NUOVO, ma il suo approccio è meno problematico, disarmato, visibile soprattutto nella sequenza iniziale, quando tra l’agitazione del suo popolo va incontro ai galeoni in arrivo senza spavento, con la stessa inclinazione di sempre a scoprire per la gioia di scoprire…
1607. Una spedizione di navi inglesi attracca sulle coste della Virgina. L’iniziativa è tutt’altro che umanitaria e senza tanti complimenti i 103 navigatori, condotti dal capitano NewPort (un impassibile Christopher Plummer), costruiscono un presidio sul territorio. Gli indiani del luogo accolgono incuriositi gli stranieri, ma quando notano che gli invasori si stabiliscono decidono di scacciarli. Prima dello scontro più efferato c’è però una sorta di guerra fredda tra Montecchi e Capuleti, fatta di sguardi torvi e annusate diffidenti, nel corso della quale Smith e Pocahontas si innamorano. Entrambi saranno attraversati da una passione più contemplativa che violenta, affine alla magnifica natura che li incornicia, eppure uno dei due ad un certo punto preferirà il VECCHIO…

Da sempre Terrence Malick predilige una regia classica, dotata di una fotografia “spontanea” che sfrutta la luce del sole e i colori originali del firmamento, cercando di evitare il più possibile nei suoi film le artificiosità (qui ridotte alla voice-off dei due protagonisti e ad una colonna sonora un po’ troppo puntuale) che di solito abbelliscono le storie hollywoodiane. In quest’ultimo capolavoro non mancano però immagini rare, “parlanti”, che si sposano con la recitazione leggiadra della giovanissima Q’Orianka, la quale, quasi al suo primo ruolo (all’attivo vanta una parte da corista in Dr. Seuss’ How the Grinch Stole Christmas) riesce a conferire una tale onestà al suo personaggio da conquistare anche i cuori meno fantasiosi.

Oltre a Colin Farrell, a completare la metà della mela “maschile”, c’è un Christian Bale in sordina, se si considera l’ultimo periodo della sua carriera da interprete, ma non così eclissato dal bullo Farrell.
Terrence Malick, definito un “regista appartato” dalla produttrice del film Sarah Green e dall’attore Plummer, realizza un film soprattutto romantico, intriso di grazia e stupore, come non se ne vedono più, alla scoperta di un’America che è già passata o di un’altra che forse deve ancora venire…
giudizio: * * * *

(Venerdì 13 Gennaio 2006)
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