 Biografia fiammeggiante di un outsider della letteratura Factotum Matt Dillon è un eccezionale alterego di Charles Bukowski
di Roberto Leggio Di Charles Bukowski, l’autore di racconti incendiari su sesso, alcool e gioco d’azzardo, si è scritto e detto di tutto. Vero duro della letteratura americana a cavallo tra la beat generation e la controcultura degli anni ’70, è sempre stato considerato un outsider esattamente come la sua vita. Le storie che scriveva trasbordano di parole fiammeggianti proprio perché nascevano dall’urgenza di raccontare senza filtro, lo squallore delle vite marginali e l’ipocrisie del “sogno americano”. Una scrittura diretta e viscerale vissuta sempre in prima persona, sempre in prima linea. Quasi tutti i suoi romanzi più famosi contengono spezzoni autobiografici, così potenti da sembrare frutto di una fantasia malata. Invece si tratta di vera poesia “personale”.

Non fa eccezione Factotum, vero romanzo autobiografico, dove il suo alter-ego Henry Chinaski, si arrabatta tra lavori precari, donne sbandate come lui, bevute epocali, scommesse ai cavalli e soprattutto nello scrivere storie che nessuno vuole leggere nè pubblicare. Con questa materia era facile trarne un film che ha trovato in Matt Dillon, la maschera perfetta e dolente di un “maledetto da Dio” come lo era Bukowski, Hank per gli amici. La pellicola segue la discesa agli inferi di Chinaski, appunto, un perdente tra perdenti che vive sempre in precario equilibrio e fa di tutto per restare a galla. “La merda è un affare serio. Alcune persone ne percepiscono l’odore da lontano ma altre non ne possono farne a meno…” Recita una frase da un suo libro e non è metafora per capire quante difficoltà abbia dovuto attraversare prima di incappare nel successo.

Nel film arriva con una lettera da un editore rimasto impressionato da un solo racconto (nella narrazione cinematografica Dillon/Chinaski ne invia moltissimi senza alcuna speranza) dal titolo lunghissimo ma esaustivo sulla solitudine. Un appiglio ad un futuro più roseo che il protagonista, ramingo e nomade, forse non avrà mai. Perchè Bent Hamer, già regista dello strambo ma geniale Kitchen Stories, accentua ad incupire la speranza che vorremmo vincente sugli eventi. Poetico, sofferente e grottesco, Factotum va ben oltre l’estetica delle immagini. Scava nel dolore per raggiungere la luce. Proprio come accadde a Bukowski che rischiò tutto per fare della sua vita la sua poesia.

giudizio: * * *
(Venerdì 31 Marzo 2006)
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