.


Recensioni Festival Eventi Sipario Home video Ciak si gira Interviste CineGossip Gadget e bazar Archivio
lato sinistro centro

Home Archivio      Stampa questa pagina  Invia questa pagina  Zoom: apri la pagina in una nuova finestra


Il sogno autarchico del “cine-occhio”

Nascono gli M-movies

Nokia e Mikado li premiano a Taormina


di Piero Nussio


Dziga Vertov ne era stato il primo profeta quando nel 1929 aveva mandato in giro “L'uomo con la macchina da presa” (Chelovek s kino-apparatom) a raccogliere immagini nella città che cambiava sotto la guida dei bolscevici. Ma il pover’uomo con la macchina da presa doveva trasportare un pesante apparato ed un ancora più ingombrante treppiede di legno.

Meglio era andata all’autarchico Nanni Moretti, che per il suo film d’esordio (“Io sono un autarchico”, 1976) sul finire del secolo, aveva potuto utilizzare una molto più maneggevole cinepresa Super8, pensata per il pubblico amatoriale di turisti per caso.
Pochi anni dopo iniziarono i deliri di Wim Wenders (“Fino alla fine del mondo”, 1991 e “Lisbon story”, 1994) che cominciò a teorizzare e ad immaginare gli occhi delle macchine da presa posizionati dovunque, riprese ubique del mondo: un flusso di immagini ancora maggiore di quello della realtà perchè moltiplicato dagli angoli visivi.

La tecnologia sta dando una mano a questi visionari dell’immagine ovunque, anche se non nel senso in cui l’avevano desiderato. L’elettronica ha fatto grandi progressi, e pure la miniaturizzazione, così macchine da presa e telecamere si sono diffuse ovunque.
Internet e le “webcam” hanno reso concreto l’incubo del “cine-occhio”, ma lì siamo ancora in un uso che ha finalità artistiche e di comunicazione. Invece le paranoie della sicurezza, amplificate dall’11 settembre, hanno diffuso le telecamere a circuito chiuso ad ogni metro di strada cittadina, e questo sì che realizza i sogni del “cine-occhio” sempre vigile. O meglio, gli incubi dell’occhio catodico del Grande Fratello di “1984” (romanzo di Orwell del 1948 e film di Michael Radford del 1984).

Ora, l’ultimo strillo della modernità è un telefonino tuttofare. Il cellulare Nokia N93 serve per ascoltare musica in formato MP3, per scattare foto, inviarle e riceverle, guardare in faccia l’interlocutore ed –incidentalmente- anche per telefonargli.

Il motivo per cui ne parliamo qui è però dovuto ad un’ulteriore caratteristica di quest’oggetto delle meraviglie: il Nokia N93 è anche una macchina da presa cinematografica, ed è soprattutto pubblicizzato in questo senso.
La multinazionale finlandese, quella che si presenta con lo slogan “connecting people” (collegare la gente), dopo essere stata una compagnia mineraria a metà ottocento, fabbricate di cavi ad inizio novecento ed una delle maggiori produttrici di telefoni cellulari alla fine del secolo, forse ha deciso di diventare l’occhio dell’uomo nel terzo millennio.

Fatto è che ha dotato i 180 grammi del suo telefonino tuttofare di un obiettivo Carl Zeiss, di uno zoom ottico 3x e di uno zoom digitale fino ad 8x in modo di poter riprendere video di buon formato (640 x 480 pixel) alla normale velocità di 30 fotogrammi al secondo.
Le riprese possono poi essere memorizzate in formato Mpeg4 su una scheda di memoria (mini-SD) di ampiezza fino a due gigabytes e scaricate verso un televisore o un PC. Lì il programma di video-editing Adobe Premiere (venduto nella confezione) consentirà di effettuare il montaggio in digitale, fino ala produzione di un DVD con il film completo.

In teoria, uno strumento che consentirebbe di realizzare daccapo dei kolossal come “Via col vento” o “Il ponte sul fiume Kwai”...

Alex Infascelli al Festival di Taormina


È ovvio che alla Nokia non puntino così lontano, ma ciò non toglie che il mondo del cinema non sia affatto così lontano dalle loro mire. Il premio “Play the Lab”, organizzato dalla Nokia in partnership con la casa di distribuzione Mikado, ne è un chiaro esempio.

Play the Lab vuol dare l’opportunità ai giovani registi di provare le capacità di direzione utilizzando proprio il telefonino N93 come macchina da presa.
L’edizione 2005 del concorso, premiata nel giugno di quest’anno durante il Festival di Taormina, è stata guidata da Ricky Tognazzi e vinta dal giovane regista Edoardo Montanari con il corto “Ma tu... mi ami?”.
L’edizione del 2006 sarà guidata da Alex Infascelli e si presenta con il titolo “DreamingAction” per sottolineare l’aspetto di “sogno cinematografico”.

Fotogramma di un M-movie


È stato anche inventato un nome per questo tipo di produzione cinematografica di livello minimo: M-movies. La M sta per “mobile” (pronunciato: mobàil), ovvero il nome con cui i telefonini cellulari sono definiti nel mondo di lingua inglese. La mobilità e la pervasività di questa tecnica cinematografica ne sono il segno caratteristico.

Ma cos’è allora, al di là dei tecnicismi e dei spunti della moda, questo fenomeno “M-movie”?
Nell’ambiente della produzione cinematografica, in cui molti film prodotti professionalmente, a lungo metraggio, su pellicola, con attori professionisti, stentano comunque ad ottenere una distribuzione qualsiasi, sembra provocatorio parlare di film-telefonino.
Eppure la fotografia e la musica digitale hanno aperto nuovi e insperati mercati alla fruizione dell’immagine e della canzone, e non è quindi detto a priori che non possa crearsi un mercato per gli M-movie come si è creato per i Jpeg e gli Mp3.

Forse è un mercato poco “cinematografico”, senza una sala di proiezione e senza tutto quello che la liturgia del cinema ci ha abituati ad aspettarci in connessione al «prodotto film».
Ancor meno però un mercato di tipo “televisivo”, giacché la televisione vive di contemporaneità, di appuntamenti e di palinsesti. Oltre che di audience e di share.
Forse si creerà un nuovo mercato per gli M-movies, molto più libero e destrutturato, un po’ come quello dei videoclip e di MTV, ma che stavolta non si appoggerà ad un’emittente televisiva, bensì al download da internet degli M-movie.
Ed alla loro visione casalinga –o itinerante- tramite un lettore come l’iPod della Apple o il videofonino N93 della Nokia.

Fotogramma di un M-movie


Cosa ne possa uscire è veramente arduo immaginarlo ora. Da chi sarà prodotto e realizzato, a quali fasce di pubblico si rivolgerà, con quali obiettivi economici e con quali motivazioni culturali?

Per il momento, due cose si possono però già dire.
Primo: una macchina del genere (ma anche le cineprese compatte dei turisti) rende facile la realizzazione “autarchica” di un’opera prima a chi sente la vocazione per la regia. Ed i concorsi aiutano la motivazione personale, e danno un primo sbocco alle opere realizzate.
Secondo: il sogno di Dziga Vertov è ora realizzabile, ed anche i deliri di Wim Wenders. Che poi siano una buona cosa è tutto da dimostrare...


Al cinema?
Lo schermo ultrapiccolo
Arrivano i film sul telefonino e sull'iPod
Vittorio Zambardino: In America la chiamano "snack television". Però l'isolamento tecnologico piace, è stare accovacciati su un divano, è non vedere la folla di un treno.

Al cinema?
Spielberg: “In pellicola, e sul grande schermo”
Il grande regista e produttore è molto tradizionalista
La magia sociale di uscire per andare al cinema, e l’esperienza condivisa col resto del pubblico in sala.



(Giovedì 10 Agosto 2006)


Home Archivio      Stampa questa pagina  Invia questa pagina  Zoom: apri la pagina in una nuova finestra

lato destro