 Uno stupido film di fantascienza Sunshine Il sole sta morendo, e il cinema con lui
di Piero Nussio Si chiama “sospensione critica del giudizio ed è quel meccanismo mentale che ci permette di apprezzare gli uomini folanti, le meraviglie di Simbad e le esagerazioni dei cartoni animati senza dover sempre fare i conti con i limiti della realtà.
Nel genere della fantascienza, poi, la sospensione del giudizio è fondamentale: come potremmo apprezzare le meraviglie del possibile se non ci liberassimo per qualche tempo delle logica stringente del quotidiano? Nel caso del film Sunshine, inoltre, la bellezza formale delle scene e il plot inizialmente avvincente incitano ad ulteriori sospensioni del giudizio critico.

Sospensione comunque indispensabile, perchè fra tutti i problemi che ci attanagliano (inquinamento, riscaldamento globale, siccità), quello dello spegnimento del Sole è veramente l’ultimo. E anche tutti quelli che potremmo ipotizzare, e che la fantascienza non ci ha mai risparmiato (invasione marziana, collasso cosmico, buchi neri impazziti, meteoriti vaganti), l’ipotesi dello spegnimento del sole resta una sciocchezza da qualunque punto di vista la si voglia immaginare.
Come in una automobile senza freni, che si ferma solo quando finisce tutta la benzina, il sole si potrà spegnere solo quando tutta la sua massa si sarà finita di convertire in atomi pesanti e si esaurirà la sua reazione di fusione (quella della bomba H). Non esiste, casomai, modo di fermarlo o di limitarlo. O di impedire situazioni “esplosive” come le macchie e le eruzioni solari. E non servirebbe a nulla fargli scoppiare addosso una “bomba atomica”, ossia una reazione di fissione.
L’ipotesi di far esplodere una bomba atomica sul Sole per “riaccenderlo” ha più o meno la stessa sensatezza di buttare un mozzicone di sigaretta nell’incendio di Chicago, tanto per ravvivare le fiamme.
Ma “tutto fa”, come disse quello che pisciava in Arno...

Però, in un film ben fatto, ciò che conta è che la trama sia avvincente e che la storia sia ben raccontata. Non è necessario che sia anche plausibile. Oddio, in molti casi aiuta, e anche se un film non deve essere un trattato di fisica planetaria, non si capisce perchè debba muoversi su ipotesi così sciocche senza alcuna giustificazione plausibile. Una richiesta –generica- a tutti i protagonisti del mondo del cinema, è quella che una piccola percentuale del budget di qualsiasi pellicola sia dedicata –oltre gli “effetti speciali”- anche agli “effetti normali” quali l’accettabilità del soggetto, un po’ di logica nella sceneggiatura, una recitazione adeguata, eccetera. Per di più, da Danny Boyle, che stupì il mondo nel 1996 con Trainspotting, ci si poteva attendere molto.
Ma non chiediamo troppo. Sunshine è un film tecnicamente ben fatto, possiamo accontentarci. Certo, l’astronave è spudoratamente copiata da quella di 2001, odissea nello spazio, la situazione thriller deriva senza ulteriore sforzo da Alien, ma non fa nulla. Gli appassionati di fantascienza sono di bocca buona, ed anzi se rivedono gli ambienti e le situazioni di grandi film si sentono a loro agio e sono ancora più ben disposti. E poi non si dice più “copiare”, è più elegante dire che sono “citazioni”... A proposito di “citazioni”, la ricostruzione che l’enfant prodige Danny Boyle fa della vita sull’astronave ricorda molto i filmati televisivi di Star Trek, e se gli sceneggiatori del telefilm lo citassero in giudizio per plagio, non ci sarebbe niente di strano.

Ma ecco il vero guizzo d’artista, la zampata del grande maestro. Cosa fa questo genio del cinema britannico per risollevare le sorti di uno stupido film, che si muove senza speranze nel piattume dello stile da telefilm del pomeriggio? Ma ci mette l’horror, ovviamente. Ed ecco lo zombie indistruttibile del capitano della spedizione precedente, sopravvissuto non si sa come sulla superficie del sole (un po’ abbronzatino...) a cui il troppo calore ha leggermente fuso le valvole del cervello facendolo diventare un misticheggiante demonio sterminatore.
Per fortuna, un’astronave siffatta (piena di cadaveri e zombie) andrà a schiantarsi sulla superficie del Sole come un mozzicone nelle fiamme dell’incendio di Chicago. E farà alla stella lo stesso effetto di leggero solletico che quello schifo di film farà nella storia del cinema.
I soldi del biglietto li ho sprecati, ma i nomi di Danny Boyle e del suo geniale soggettista Alex Garland restano incisi nella mia mente in maniera indelebile. Fosse stato per voi due, i fratelli Lumiere sarebbero morti in povertà...
(Martedì 24 Aprile 2007)
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