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Thriller cabalistico, onirico ma fragile

Number 23

Il nuovo film di Joel Schumacher


di Roberto Leggio


La cabala del destino. La numerologia è una scienza che ha appassionato gli esseri umani fin dalla notte dei tempi. Perché i numeri, con la loro carica misteriosa ed evanescente, provocano in noi una sorta di magico richiamo tanto da portarci a credere nelle superstizioni più strampalate. Il 13 ed 17, il primo nei paesi mediterranei, il secondo in quello anglosassone; sono cifre di sfiga nera, così potenti da tenercene lontani nella maniera più assoluta. Anche il 6 e il 7, hanno un loro fascino perverso derivato dall’interpretazione della bibbia: il primo il male, il secondo il bene. Quindi non è così eccezionale se il personaggio principale del nuovo film di Joel Schumacher, provi un’ossessiva attrazione nei confronti del numero 23, infausta cifra alla quale è possibile associare in un modo o nell’altro, sventure di vario genere.
Tutto inizia (guarda caso) il 3 febbraio, quando ad un accalappiacani viene regalato (è il suo compleanno) un libro dal misterioso titolo di “The Numeber 23”. Riluttante all’inizio alla lettura, l’uomo (che tra l’altro è un amorevole padre di famiglia) viene sempre più coinvolto nella struttura della vicenda, da immedesimarsi talmente nel personaggio principale del libro da fargli credere che la finzione racconti la sua vita. In un gioco di specchi (rimandi temporali, onirismo dilagante, intrecci metafisici), la realtà dell’uomo si interseca sempre più incredibilmente con la realtà parallela del protagonista del libro (un detective molto pulp che deve districare la matassa di uno strano omicidio), anch’egli ossessionato dalla maledizione del numero 23.



Naturalmente per creare un’empatia con il pubblico e generare un senso di disagio ed inquietudine, la cifra compare ossessivamente in tutta la narrazione nei modi più disparati: orologi, date di nascita, calendari, nomi propri, magliette sportive e chi più ne ha più ne metta. Con tutta questa numerologia, c’è da perdere la testa, ma la quantità di indizi che pian piano vengono svelati si perdono in un finale fin troppo consolatorio e accomodante. Schumacher sa posizionare bene le tessere del mosaico della suspance (ottimo il continum spazio-temporale tra le due realtà, tra l’altro interpretate dagli stessi attori), ma si perde (soprattutto nella seconda parte) in troppe spiegazioni che sgonfiano una trama di per sé intrigante. Molti i rimandi a film di genere e buona la scelta di analizzare i numeri come vettori del destino di un uomo che già nel cognome Sparrow (Passero) ha tutta una filosofia nera alle spalle (in genere nelle mitologie antiche, i passeri erano considerati psicopompi, cioè divinità destinate ad accompagnare le anime dei morti nell’oltre tomba). Un thriller in certi versi acuto ma anche fragile, retto magistralmente da Jim Carrey, che con la sua faccia spaventata di psicotico sfuggente si conferma nuovamente come uno dei migliori attori della sua generazione.

giudizio: * *



(Martedì 24 Aprile 2007)


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