 Prosegue la saga dell'orco verde Shrek 3 Empatia dei personaggi ma banalità della storia
di Raffaele Rivieccio Prosegue la saga dell’orco verde, giunto al terzo atto. Anche senza essere esperti di tecniche di animazione, è evidente l’alto livello visivo raggiunto dal film diretto da Chris Miller, eppure qualcosa lascia profondamente freddi rispetto alla storia vissuta dagli eroi di questa favola-saga ambientata in un immaginario regno post-medioevale. Il disegno dei personaggi, la loro definizione psicologica risulta abbastanza empatica - pur senza raggiungere la struggente empatia ricattatoria dei primi film della Disney - ma le vicende raccontate, dallo scontro tra bene e male al percorso di crescita, dalla paternità al dualismo coraggio-vigliaccheria sono giocati in modo risaputo se non, addirittura, bolso. La non originalità della trama e dei sentimenti espletati fa risultare il film stucchevole in alcuni passaggi pur essendo, nella sua complessità, un’opera dinamica e divertente. Come divertenti non così prevedebili sono alcune caratterizzazioni come l’antagonista-Principe Azzurro dalla vaga somiglianza con un Brad Pitt borioso e antipatico mentre il gatto che aiuta Shrek nella sua battaglia, assomiglia sia nell’abbigliamento che nell’atteggiamento ai divi del cinema d’avventura della Hollywood classica, alla Erroll Flynn o alla Clark Gable. Shrek 3 prosegue la tendenza del cinema d’animazione delle major negli ultimi anni: legare sempre più storie di fantasia - che dovrebbero portare il pubblico, più o meno giovane, a volare lontano con l’immaginazione - ad un mondo, invece, più che reale della loro vita mediatica quotidiana, dalla quale possono portarsi dietro i propri attori e bieniamini preferiti direttamente dentro il “cartone animato” sotto la forma eterea di voci doppiate.

Lo spettatore non avrà più neanche la libertà ingenua e romantica di pensare ad una fatata isola che non c’è, sarà costretto ad immaginare dietro i disegni sullo schermo comunque i volti noti di Mike Meyers, Cameron Diaz, Eddie Murphy, Antonio Banderas, Julie Andrews, Rupert Everett, Justin Timberlake solo per citarne alcuni. Un cast di doppiatori, per questo film, al livello di concentrazione divistica paragonabile solo a quello dell’ultimo “Ocean’s....”. Ma un film d’animazione dovrebbe rifuggire come la peste un rimando così forte alla realtà. Pensiamo se per rilanciare “Bambi” negli anni ‘70 lo avessero fatto doppiare ad Alvaro Vitali e magari “Biancaneve” a Bombolo! Oltretutto, in Italia, come in un gioco al ribasso, le voci dei divi statunitensi, vengono doppiate da molto meno divi nostrani, magari molto più bravi degli omologhi d’oltreoceano ma che rendono ancora più pretestuosa l’operazione. Quest’ultimo Shrek, nonostante la prevedibile telefonata della storia, è un buon film con alcune idee carine che, probabilmente, reggerebbe anche senza il battage pubblicitario del doppiaggio divistico. Speriamo che il cinema d’animazione torni presto al simbolismo, all’astrazione pittorica o plastica delle origini anzi che tentare con computer grafica sempre più realistiche e con voci sempre più riconoscibili di inseguire il cinema che, a sua volta, con effetti speciali sempre più estremi su avvicina all’animazione come in “300”. Che ognuno torni al suo ruolo, l’uomo a fare l’uomo e la donna a fare la donna!
giudizio: * *

(Giovedì 23 Agosto 2007)
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