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Alla “Festa Internazionale del Cinema” di Roma

Altre visioni

Il più bel cinema di oggi e di domani


di Pino Moroni


"A chi lo riguarda", dicono gli americani per raccomandare qualcosa a qualcuno.
Nel caleidoscopio della Festa Internazionale del Cinema di Roma vorrei raccomandare a chi lo riguarda la rassegna Altre Visioni. Eccezionale.
Per la regola di "a ciascuno il suo," urlino pure le folle per la Premiere, si provochi la ressa per "Cinema 2007". Per gli extra: "Incontri", "II lavoro degli Attori" ed "Omaggi" la parola ricorrente sia pure tutto esaurito. La presenza di Stars e Starlettes provochi la furia di file di fan e accreditati, affamati di eventi e di interviste. Ciò che va di più, ora.
Ma, giorno dopo giorno e proiezione dopo proiezione, nel Teatro Studio si ritrovano i puristi del linguaggio cinematografico, quelli che il film lo degustano, lo masticano e lo digeriscono come fosse un gran pranzo, molto di più di semplici cinefili.
Il cinema di "Altre Visioni" è il più bel cinema di oggi e di domani. Nella sala "Teatro Studio" c'è quella atmosfera di attesa del nuovo ed originale, dello sperimentale.
È il piacere profondo che può dare solo quel cinema con salde radici nelle sue origini, e che compendia e sviluppa, allo stesso tempo, tutte le possibilità e varietà del complesso linguaggio filmico.

Ed è una sorpresa che il genere più lineare, più povero in ogni senso e meno apprezzato rispetto al grande spettacolo ricco ed elaborato stia recuperando così fortemente: il documentario.
Ricordo ancora i fischi degli spettatori paganti, quando, a seguire il film in programmazione, veniva proiettato un documentario. Anche ben fatto, ma purtroppo noioso.
Oggi assistiamo, già in televisione, a programmi di intrattenimento o di cultura in cui la "fiction" o la ricostruzione teatrale diventano parte preponderante, il “docu-entertainment”. Alla "Festa del Cinema" c'è molto di più.
Titoli come New Home movies from the lower 9th Ward di Jonathan Demme, The unforeseen prodotto da Robert Redford e Terrence Malick, Le pere di Adamo di Guido Chiesa, Taxi to the dark side di Alex Gibney, Manda bala di Jason Kohn, Niente è come sembra di Franco Battiato sono capolavori di un genere tutto da scoprire.

Cosa c'è di nuovo nel "Docufiction" o nel "Cortodocu" o nel “Docu-Idea”?
C'è sicuramente una contaminazione di generi, ma –soprattutto- c’è una sapiente manipolazione (in senso positivo) di concetti vecchi e nuovi, nella nuova freschezza di espressione.
C'è una salda sceneggiatura, che sostituisce il vecchio documentario a tesi. Si è ridotta la distanza tra film “fiction” e "documento verità", tra realtà e finzione, tra idea e sogno. Si è rafforzata la denuncia sociale, meno ipocrita e più vera, approfondita ed allo stesso tempo più spettacolare.
I famosi “pugni nello stomaco” colpiscono ancora anche se scorre una trama più colorata e complessa, l’amaro è nascosto nello spirituale, e gli applausi arrivano a schermo acceso.

Nel buio della sala si percepiscono i sobbalzi, la rabbia, la pietà, le riflessioni, le emozioni profonde di chi apprezza filosofie e denunce: le speculazioni edilizie e le ghettizzazioni, la precarietà e la povertà, la corruzione e la violenza di ogni potere, la vacuità, il materialismo e il narcisismo.

E si scopre che tali spettacoli fanno bene perché non addormentano le coscienze. Così il documentario estetico o realistico approda ad un articolato medio-metraggio (media 45/90 minuti), basato su un forte senso civico e con una valenza culturale universale.



(Mercoledì 24 Ottobre 2007)


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