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“Un incrocio tra Psyco e Alice”

Tideland

E' una favola nera l'ultimo film di Gilliam


di Roberto Leggio


“Un incrocio tra Psyco e Alice”. La definizione è di Terry Gilliam, padre putativo di questa ultima pellicola, mutuata da un romanzo di Mitch Cullin. E se è lui a dirla, allora bisogna affrontare l’opera con uno sguardo diverso dal solito. Innanzi tutto, pensare a priori, all’humus di cui è fatto tutto il suo cinema. Un percorso artistico, in bilico tra la visionarietà e la realtà più coerente. Spesso fatto di fiabe contemporanee, nere come l’asfalto, diaframmi aperti sull’anima nascosta dell’inconscio. Non si differenzia di molto Tideland, fiaba nerissima (ma anche di grandi illuminazioni) con al centro una bambina lasciata sola a sopravvivere in una decrepita casa nella prateria. Figlia di tossicodipendenti (i genitori, entrambi morti di overdose), si ritrova a diventare grande, rifugiandosi nel “mondo accanto” della sua immaginazione, che da sognante diventa via via stralunata e poi circo delirante. Gli incontri con i freaks della realtà (la donna con il cappello nero, suo fratello demente), diventano volano di una presa di (in)coscienza, ma anche di una via di fuga alla ricerca di un “posto dove stare” e “un modo per farsi amare”.


Su questo piano l’attualizzazione del racconto di Lewis Carrol, diventa poetica macabra che riesce a parlare dell’abbandono dei minori e di “certe” violenze su loro stessi. Alice non incontra il Bianconiglio, ma la realtà della solitudine in un mondo alla rovescia, dove i grandi sono “impazziti”, regrediti grazie ad una società senza più certezze ne valori assodati. Questa è la grande metafora che Gilliam tiene ad evidenziare. Il mondo non è più quello di prima, tutto è capovolto, dove ci si può solamente aggrapparsi alla fantasia. Malinconico ed inquietante, il film filtra con il surrealismo, merito delle continue immagini sghembe, oblique e asimmetriche che restituiscono un “presente” traballante, pervaso da un’angoscia radicata che sfocia inevitabilmente nel grottesco. Girato in grandi spazi di luce (campi sterminati di grano, interni bianchissimi), con una fotografia iperrealista; è un’opera di innegabile fascino, grazie anche all’incredibile interpretazione della giovanissima protagonista Jodelle Ferland (undici anni, da tenere d’occhio), la quale riesce a rendere naturale le scioccanti scene in cui bacia sulla bocca un adulto, oppure quando prepara le dosi per i genitori.

giudizio: * * *


Presenta a Roma il suo "Tideland"
Terry Gilliam
La favola nera del regista visionario



(Giovedì 1 Novembre 2007)


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