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![]() L’insostenibile ambiguità del potere Il divo Il fascino e l’enigma di Giulio Andreotti visti da Sorrentino di Roberto Leggio La maschera del potere. Raccontare Giulio Andreotti è raccontare tutte le connessioni interne ed esterne della politica italiana. Addirittura l'Italia stessa. Politico di razza, paragonato ad un pantheon di personalità negative (dal Divo Giulio a Belzebù) è nel bene o nel male, l'asse di congiunzione tra lo stato e chiesa, gli affari e contropoteri occulti. Un uomo intelligentissimo, pregno di un'ironia tagliente, capace di uscire indenne, senza scalfitture, a mille battaglie elettorali, stragi terroristiche, accuse infamanti. Un corpo impermiabile sul quale tutto è scivolato via, senza lasciare traccia. Raccontare Andreotti è quindi un modo per analizzare in maniera astratta il potere, quello fermo ed immutabile, che come quello di Dio, non ha paura di nessuno. Il film di Paolo Sorrentino, sebbene sia un accorato attacco frontale; è un apologo all'uomo e al suo essere politico. Un gerontocrate ambiguo e allo stesso tempo rassicurante, che per cinquanta (e anche più) ha definito il destino del paese “Italia”. Naturalmente al “nostro”, l'opera meritatamente premiata a Cannes, non è piaciuta, trovandola maligna e non in linea con l'Andreotti pensiero. Eppure alla fin fine, nonostante la mancata agiografia del personaggio, egli stesso ha ribadito che in fondo “E' meglio essere criticati, che non essere considerati”. Chiosa perfetta di ironia e beffardaggine.
(Mercoledì 28 Maggio 2008) |
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