 Esordio alla regia di Helen Hunt Quando tutto cambia Un dolce un po’ troppo farcito
di Piero Nussio I film estivi sono come il cocomero: o sono dolci e saporosi, oppure non sanno di niente. L’unica speranza per trovare quello buono è di fargli un tassello. Nel caso di Quando tutto cambia il tassello dice: “Commedia sofisticata americana, forse vale la pena di tentare; Helen Hunt grande attrice, minimo garantito; però si dedica per la prima volta alla regia, rischio opera prima; ma ci sono pure Bette Midler e Colin Firth, potrebbe valere la pena”

Helen Hunt in regia Aperto il cocomero ci trovi un bel film, una storia un po’ troppo complicata con Helen Hunt bellezza sfiorita di 39 anni (in realtà ne ha 45) che si sposa e si divorzia, vorrebbe avere un figlio, e alla fine trova –fra varie difficoltà- una madre biologica e –con parecchi malintesi- un compagno nella vita e una figlia adottiva. Il tassello in realtà ha detto il giusto. Il cinema americano è fatto da professionisti, ed il risultato è sempre e comunque garantito. Anche nel caso di un “indie” (ovvero un film di produzione indipendente, fuori dalla logica dei colossi hollywoodiani), come è nel caso del film di Helen Hunt. E, come afferma la rivista Variety al riguardo: «Production values are solid for a small-budget indie.» (I parametri produttivi sono solidi, per essere un film indipendente a basso costo).
Certo, anche se considerare “a basso costo” un’opera che schiera un gruppo di interpreti come Helen Hunt, Bettle Midler, Colin Firth e Matthew Broderick mi sembra un po’ fuori luogo.

Helen Hunt è una presenza nel cinema fin dai tempi di Peggy Sue si è sposata (1986) ed è esplosa insieme a Jack Nicholson con Qualcosa è cambiato (1997) fino all’interpretazione data per Bobby (2006), nella ricostruzione dell’ultima sera di Robert Kennedy. Il tutto mentre miete premi d’ogni genere e recita Shakespeare sui palcoscenici di New York.
Bette Midler ha un pedigree meno intellettuale, ma è ancora più famosa negli Stati Uniti (e nel mondo) come interprete delle più divertanti commedie USA (La donna perfetta con Nicole Kidman, Chi ha ucciso la signora Dearly con Danny DeVito, Il club delle prime mogli con Diane Keaton e Goldie Hawn). In più è una cantante di successo (ha cantato con Tom Waits, con Johnny Carson ed ha interpretato la vita di Janis Joplin in The rose), tanto da essere considerata al numero 51 fra le cento più famose cantanti di rock.
Colin Firth, in tanta compagnia fa un po’ la figura del pivello ma, l’attore inglese è sulla cresta dell’onda fin dal tempo di Another country (1984), ed è ricercato interprete di una gran varietà di film, da Orgoglio e pregiudizio a Il paziente inglese, oltre che dei Diari di Briget Jones e de La ragazza con l’orecchino di perla.

Ma da tanto senno non necessariamente sorge un capolavoro: lo diceva il tassello, “attenzione è un’opera prima”. Helen Hunt ha scelto il romanzo di Elinor Lipman “Then she found me” per ricavarne la sceneggiatura, basandosi poi sull’opera di due professionisti per la sua riduzione, e mettendoci anche idee proprie. Il risultato è come l’elenco degli autori: un dolce un po’ troppo farcito. Niente di criticabile singolarmente, ma il numero di spezie ed odori è così alto che se ne perde il conto. C’è addirittura, in un’ambientazione di riti e cultura ebraica, il cameo di Salman Rushdie nella parte di un ginecologo. Lo scrittore mussulmano di nazionalità inglese se la cava particolarmente bene nella parte, ma ancora mi chiedo perché l’autore de “I versetti satanici”, famoso per la condanna del suo libro da parte di Komeini, stia lì in una storia che non lo riguarda né come ebreo né come medico.

Il plot, ridotto all’osso, dovrebbe riguardare i problemi di una quarantenne con l’ansia della maternità e della famiglia, ma c’è una tale sovrabbondanza di schemi narrativi che –dopo un po’- ci si perde. Tanto per nominarne qualcuna: la cultura e la tradizione ebraica, la madre adottiva e l’adozione in generale, le televisioni locali ed i loro programmi/personaggi del mattino, il mondo dei ricchi con i loro ristoranti di grido e le sfilate di moda, il mondo della scuola infantile, i problemi dei genitori divorziati, i rapporti con l’ex marito, l’infantilismo degli uomini e la volubilità delle donne, ecc.
Dunque, non sempre basta il tassello per valutare i film estivi. Talvolta i distributori sbagliano, e considerano di scarso valore commerciale un’opera che avrebbe meritato una migliore distribuzione. Ma altre volte fanno bene: certi film non perfettamente riusciti (ma comunque ben fatti) si possono gustare meglio “al fresco” di una serata estiva, senza troppe preoccupazioni di coerenza e sistematicità.

Qualche colpa ce l’hanno, comunque, perché l’hanno pubblicizzato con un manifesto più adatto ad una storia d’amore smielata e con un titolo italiano che tende a fare il verso di quel “Qualcosa è cambiato” che fece guadagnare l’Oscar sia alla Hunt che a Jack Nicholson. Tutte manovre distributive che credo abbiano funzionato poco Ma invece, apprezzando la scorrevolezza, la bravura degli attori ed i tempi giusti, il pubblico italiano ha capito da sè cosa poteva aspettarsi dal prodotto, ed il film si è piazzato onorevolmente al quinto posto degli incassi della settimana.

(Martedì 17 Giugno 2008)
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