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![]() Gli spettri della solitudine di un mito The Wrestler Un angelo caduto e dimenticato di Roberto Leggio ![]() “Non ci sono più angeli in America”. Recita più o meno così un testo di una canzone di David Byrne. Il brano era del 1994, tempo limite di un periodo (gli anni ’80) che volgeva a termine, anche se il decennio si era chiuso molto prima. Il mondo cambiava in fretta e molte cose non sarebbero state più le stesse. Vite di tutti comprese. L’angelo del Wrestling, Randy The Ram, negli anni ’80 era un vero campione. Un guerriero del ring, che veniva venerato e rispettato. Ma adesso vent’anni dopo è un angelo caduto, che vive nel ricordo del tempo andato e che continua a combattere con dignità per pochi dollari in palestre di quart'ordine solo nei fine settimana. Per andare avanti è costretto ad un lavoro part-time in un supermercato, prigione di qualunquismo, almeno per lui abituato al ruggito della folla. Uno spettro, con il fisico minato da troppe battaglie, con l’udito e la vista che non sono più quelli di una volta. Non ha un buon rapporto con la figlia, che ha abbandonato bambina, mentre l’unico contatto con il mondo esterno ce l’ha con una matura spogliarellista, con la quale insegue un rapporto impossibile. Colto da un infarto durante un incontro estremo viene tentato di ritirarsi e rivedere la propria vita. Ma il richiamo del ring è forte nonostante i rischi che esso comporta. The Wrestler, nonostante il titolo non è un film sul wrestling, piuttosto una parabola amara sulla caduta di un uomo e della sua difficile risalita. ![]() E il regista Darren Aronofsky la racconta con un linguaggio duro e malinconico, tanto era forte il desiderio di parlare di un uomo finito con ancora una grande dignità. Essenziale è nel modo in cui all'inizio ci presenta The Ram: la telecamera attaccata al protagonista, sempre ripreso di spalle od in penombra, che lo fa sembrare un fantasma che vive in compagnia del buio e che difficilmente rivedrà la luce. La luce sarà la rivalsa ad un mondo che sembra avergli voltato le spalle per sempre. Tolti i sottotesti, la metafora è evidente, soprattutto se pensiamo che il protagonista è interpretato da un reddivivo Mickey Rourke, che con questo film è tornato a calcare le scene dopo un lungo oblio dovuto ad una vita vissuta “pericolosamente”. Rourke, come il protagonista, ha conosciuto sulla propria pelle il disagio della caduta nella polvere, si è rialzato abbandonando per anni il cinema per darsi al pugilato e ne è uscito distrutto nel corpo e nello spirito. La sua interpretazione è quindi sincera e commovente, così fisica e psicologica da spiazzare per quel suo talento nascosto, forse mai emerso, adesso ben visibile. Il parallelismo della sua intesa interpretazione con il suo vissuto, rendono il film unico nel suo genere, merito anche di Aronofski capace di delineare i patimenti di un uomo ordinario dalla vita straordinaria. Perché gli angeli, quelli veri, qualche volta possono nuovamente tornare a vivere tra noi.
(Giovedì 5 Marzo 2009) |
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