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Commedia divertente di Roger Delattre

Il missionario

Film riuscito con una trama inusuale


di Samuele Luciano


Il grande schermo possiede a volte una forza magnetica, capace di tirare i muscoli del viso anche allo spettatore più rigido: la faccia si muove e non sei tu ad averlo deciso. Forse il cinema è uno degli ultimi luoghi rimasti in cui diveniamo spontanei, in cui si sorride o si piange autonomamente e non per convenzione come succede al pubblico televisivo o durante un meeting aziendale. Ma questo succede solo quando ci si trova davanti a un film riuscito. Nel caso de “Il missionario” il regista Roger Delattre si è proposto di girare una commedia, non sofisticata, ma divertente quanto basta per far ridere, e bisogna riconoscergli che il suo film è riuscito. La trama del film è tra le più usuali per una commedia: i fratelli Mario e Patrick Diccara, (uno è un detenuto appena uscito di galera, l’altro un giovane prete) si ritrovano dopo 7 anni. Mario deve dei soldi alla malavita e pur di sfuggirvi chiede al fratello sagrestano di trovargli un nascondiglio. A Patrick viene un’idea geniale: fare indossare a suo fratello l’abito talare per mandarlo alcuni giorni a fare il parroco in un paesino sperduto della Provenza, da un vecchio parroco di sua conoscenza. Inizia così l’avventura bizzarra dell’ex detenuto Mario, che suo malgrado si ritroverà ad essere amato e rispettato da tutti gli abitanti del villaggio come il miglior “curato di campagna” che sia mai esistito.



Il congegno comico del film non perde un colpo, a parte un lieve calo nella seconda parte, e questo grazie ad una sceneggiatura effervescente, ricca di trovate e che gioca tutto su meccanismi classici rinverditi da due facce comiche nuove e dei dialoghi quasi perfettamente a tempo. Il delinquente Mario che ne ha fatte di tutti i colori viene invitato dalle guardie del villaggio a bere qualche bicchierino, ma è l’unico a non volersi ubriacare e perfino di fronte alle avances di una giovane barista si ritira dentro la sua parrocchia. Alle spalle dei paesani Mario esprime tutto il suo disprezzo per quella vita piatta quel popolino blando, ma intanto che attende l’arrivo di suo fratello a riportarlo alla sua laicità, finisce coll’affezionarsi a tutti e riesce anche a dare un valido aiuto a chi ne ha bisogno. Descrivere altro farebbe un torto al film, che invece va guardato e riguardato.
In diversi punti il plot rischia di scivolare nel demenziale o nel surreale, ma la chiusa finale dal gusto ecumenico, dove grazie ad un parroco “improvvisato” tutti trovano pace e amore, fa perdonare qualsiasi incoerenza. Irresistibile il protagonista Jean-Marie Bigard, nei panni di Mario, conosciuto in Francia soprattutto per le sue prestazioni a Teatro. Patrick, il giovane prete è interpretato da Doudi Strajmayster, e riserva non poche sorprese in fatto di istrionismo. Sia i regista che i due protagonisti sono quasi alla prima opera e ora gli toccherà non deludere in futuro.


giudizio: ** 1/2



(Martedì 16 Febbraio 2010)


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