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Festeggiati alla Casa del Cinema i suoi 95 anni

Arnoldo Foà, l'attore infinito

Con la proiezione del film di montaggio "Almeno io Fo…à"


di Piero Nussio


Roma. Grande evento ieri sera alla Casa del Cinema per festeggiare i 95 anni del grande Arnoldo Foà. Amici, colleghi di una vita e gente comune sono accorsi all'appuntamento tanto da provocare il "tutto esaurito in sala. Fra i volti noti avvistati citiamo Michele Mirabella, Pino Quartullo e Pino Insegno.
La serata, organizzata da RomArtEventi sotto la direzione artistica di
Francesca Piggianelli, è iniziata con la proiezione del documentario film “Almeno io Fò…à” di Lorenzo Degl’Innocenti e Alan Bacchelli. L'omaggio al grande attore è continuato, poi, con la lettura delle sue poesie da parte degli allievi del centro sperimentale di cinematografia, di Pino Insegno ed altri attori.
Per finire un brindisi in onore di Arnoldo che ha rappresentato un caldo abbraccio all'attore presente in sala.

Ritratto di Arnoldo Foà:

Anthony Perkins se lo era trovato in camera da letto al suo risveglio, freddo e segaligno funzionario di polizia. Io l'ho incontrato alla Casa del Cinema di Roma che festeggiava il novantacinquesimo compleanno, un po' affaticato dagli anni trascorsi, ma sempre attento e tagliente.

È Arnoldo Foà, di cui è difficile definire l'attività, se non di attore a tutto tondo: quando si trovava nella camera da letto di Anthony Perkins nelle vesti di poliziotto era il 1962, nel film Il processo di Orson Welles, tratto dall'omonimo romanzo di Franz Kafka.

Ma è non solo di Kafka che Arnoldo Foà può vantarsi di aver recitato le opere, perché in una lunghissima carriera teatrale iniziata negli anni '30 ha prestato la sua faccia ad ogni genere di autore teatrale classico, da Aristofane a Shakespeare, proseguendo poi con George Bernard Shaw, Luigi Pirandello e tutti gli altri che contano, sotto la direzione di registi come Luchino Visconti e Giorgio Strehler.

Casomai potrebbe vantarsi di aver recitato sotto il nome di "Puccio Gamma" perché dal 1938, con le leggi razziali, lui di famiglia ebrea era stato costretto a dissimularsi e a fare in teatro "il pompiere", ossia quello che non figura e sostituisce di volta in volta gli attori assenti e malati.

Potrebbe poi vantarsi di essere stato nel 1943 la voce principale di Radio Bari, l'emittente degli Alleati che da Napoli trasmetteva ai partigiani del Nord: fu lui che lesse il comunicato dell'8 settembre e che scandiva i cosiddetti messaggi speciali per le forze combattenti: «La capra corre sul prato. Le castagne sono ancora acerbe».

Forse sarà per quest'inizio così importante, ma la voce di Arnoldo Foà si ascoltò in quegli anni quasi dovunque: recitava nelle commedie trasmesse per radio, incideva dischi nei quali leggeva i capolavori della letteratura e della poesia, interpretava pubblicità di tanti prodotti e –soprattutto- prestava la voce ai più importanti attori americani (e non solo).

Fu doppiatore di Anthony Quinn, di Kirk Douglas e di John Wayne, ma è stato la voce burbera di Peter Ustinov, quella dura di Jack Palance e il doppiatore di Toshiro Mifune in "Rashomon".
Ma, di recente, anche la voce narrante in La fabbrica di cioccolato (Tim Burton, 2005) e nel film d'animazione Up (Pete Docter, 2009). E ancora mancava Dante...

Di certo però, dal dopoguerra ad oggi, non fu solo la voce di Arnoldo Foà ad accompagnare gli italiani, ma anche la sua figura asciutta e quel naso "importante" che sembrava fatto proprio per dare corpo ai pregiudizi razzisti del naso camuso.
Naso o non naso, Foà è stata una presenza importante nella TV di quel periodo fondamentale, quando gli "sceneggiati" e il teatro in TV dettero quella vera unificazione dell'Italia e della sua lingua che i piemontesi e i fascisti non erano mai riusciti ad ottenere.

L'Italia fu unificata da Arnoldo Foà e Alberto Lupo, Gino Cervi e Tino Buazzelli.

In particolare -per me ragazzo- da Arnoldo Foà nelle vesti di Capitan Fracassa (1958), del pirata dell'Isola del Tesoro (1959), di sir Daniel della Freccia Nera (1968) fino al Flambeau ladro redento dal Padre Brown di Renato Rascel (1970) ha tenuto gli spettatori incollati ai primi teleschermi in bianco e nero. Ma è giunto fino al Don Mario a colori nei Carabinieri di Manuela Arcuri (2005).

Nel frattempo è stata l'anima della trasmissione "Ieri e oggi" nel 1972-73 che riproponeva in studio le vecchie apparizioni televisive e le sovrapponeva ad un oggi oramai di quarant'anni fa.
Cantava, Arnoldo Foà, sia canticchiando nei film che reci-cantando l'Innominato nei "Promessi sposi" del Quartetto Cetra che presentando in TV la trasmissione "Chitarra amore mio".

Ma era anche autore teatrale (dal 1957 al 2009, recitate poi da lui come da altri), scrittore e poeta (un'autobiografia pubblicata da Sellerio, un romanzo e vari libri di poesie –affilate e taglienti, burbere com'è lui-), e poi pittore e scultore, regista, direttore di doppiaggio, uomo pubblico, eccetera.

Nonostante tutto questo darsi da fare è riuscito anche a partecipare a più di 150 film (IMDB ne riporta 159) più il film di montaggio Almeno io Fo…à realizzato da Alan Bacchelli nel 2007, dedicato alla sua luminosa carriera e vincitore del premio IMAIE e di un premio speciale al Festival di Roma.
Proprio questo documentario, presentato ieri alla Casa del Cinema in occasione del brindisi dedicato ai 95 anni di Arnoldo Foà, mi ha condotto ad incontrarlo, come l'apparizione ad Anthony Perkins.

Così ho scoperto la vena giocosa dell'attore, a cominciare dal titolo del documentario («Dario Fo è un grande attore e drammaturgo ma "Fo" che cosa? Almeno io fo "À"!») ed continuare con le battute scambiate con Orson Welles, che furono l'inizio delle loro grande collaborazione e di una lunga amicizia.

Ma l'inizio fu addirittura nel 1938, col grande Alessandro Blasetti: il fascistissimo regista in stivaloni di cuoio scambiò quattro battute scherzose col giovane ebreo e lo prese per recitare nel suo famoso Ettore Fieramosca, con Gino Cervi e Clara Calamai. Il film successivo fu Orizzonte dipinto del 1941, opera di un grande regista teatrale, ma poi le leggi razziali ebbero il sopravvento. Nel dopoguerra Arnoldo Foà potè ripagare il debito con Alessandro Blasetti partecipando al film Un giorno nella vita (1946), che permise al regista di rifarsi una "verginità" raccontando una storia di suore e partigiani fucilati dai tedeschi nel corso della guerra.



Intanto Arnoldo Foà recitava con Pietro Germi, Alfonso Camerini e , soprattutto, con Mario Mattoli: "Adamo ed Eva", "Il vedovo allegro", "I cadetti di Guascogna", "Totò sceicco", "Cinque poveri in automobile" rappresentano nei primi anni '50 una specie di sottogenere allegro nel quale Foà eccelleva e che lo contrapponeva al nazional-popolare strappacuore di "Catene" e "Tormento".

Ma la carriera di Foà aveva tante sfaccettature e non rinunciava affatto all'incontro coi grandi registi dell'epoca: ancora un film con Alessandro Blasetti ("Altri tempi", 1952), poi le collaborazioni con Joseph Losey (Imbarco a mezzanotte, 1952), e con il capostipite dei Bardem, Juan Antonio Bardem (Ho giurato di ucciderti, 1958).

Ogni regista internazionale che aveva bisogno di un buon attore italiano faceva riferimento a lui: è il caso degli inglesi Tony Richardson (Il marinaio di Gibilterra, 1967) e Michael Anderson (Nei panni di Pietro, 1968) e degli americani più grandi degli anni '60-'70, come Edward Dmytryk, Daniel Mann, Vincente Minnelli, ma anche del francese Jaques Deray che nel 1970 lo volle in "Borsalino" con Delon e Belmondo.

In tutto il cinquantennio che dal dopoguerra arrivò al secondo millennio, Arnoldo Foà è stato una presenza costante al cinema –seppure in ruoli di secondo piano.
Lo possono testimoniare quasi tutti i registi italiani: Ettore Scola, Mario Camerini, Mario Soldati, Mario Monicelli, Sergio Corbucci, Damiano Damiani, Giuliano Montaldo, , Alessandro D'Alatri, Ficarra e Picone, Alessandro Benvenuti, …

Ecco così che è facile superare la quota di 150 film, più i telefilm, le commedie, i dischi, le serate, e così via. Nel frattempo, poi, ha anche fatto un audiolibro con Lella Costa (Sherazade, 2005), insegna al Centro sperimentale di cinematografia, è emigrato in esilio alle Seychelles ed è ritornato, ha avuto vicissitudini familiari, è diventato Cavaliere di Gran croce della Repubblica.

E Dante? Sta ultimando Dante's Inferno documented per il regista USA Boris Acosta, la cui uscita è prevista per il 2011...



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(Venerdì 28 Gennaio 2011)


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