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Spielberg e Jackson realizzano un sogno ambizioso

Le avventure di Tintin- Il segreto dell’Unicorno

Finalmente sul grande schermo il protagonista del famoso fumetto belga


di Paola Galgani


Dopo lunghi tentennamenti (è il caso di dirlo) e rocambolesche vicende organizzative e produttive -che includono il crollo di grosse società, la difficile acquisizione di diritti, l’attesa dei perfezionamenti tecnici- Steven Spielberg, con la produzione di Peter Jackson, è riuscito a realizzare il progetto che coltivava da un trentennio: realizzare un lungometraggio in motion capture per dare vita tridimensionale all’eroe della BD (bande dessinée) che ha fatto sognare varie generazioni di lettori grandi e piccoli in tutto il mondo.
Già all’epoca di Indiana Jones, in effetti, in molti notarono una somiglianza tra le avventure dell’esploratore e quelle di Tintin, giovane reporter senza paura che girava il mondo -e persino la luna- ampliando gli orizzonti spaziali e culturali dei lettori. Spielberg, catturato come gli altri dall’originalità del personaggio, pensò negli anni ‘80 di dedicargli un lungometraggio, e tentò di contattare Hergé che però era molto malato. Questi peraltro aveva avuto già molte delusioni dalle precedenti trasposizioni cinematografiche o di animazione della sua creatura, inevitabilmente banalizzata o americanizzata. Ebbene, nel nostro caso il pericolo è scampato: l’eroe in 3D rimane incredibilmente fedele alla sua versione cartacea, sia nel carattere –curiosità, coraggio, altruismo- sia nella grafica che riflette l’espressione unica del suo viso.
La trama è frutto del mix di due albi, Il Segreto del Liocorno e Il Granchio d’Oro, e in barba alle apprensioni per un eventuale “tradimento” di stile è perfettamente riuscita, in totale accordo con la colonna sonora del grande John Williams che accompagna l’avventura con suspense, grinta e fantasia. Dopo incantevoli e nostalgici titoli di testa incontriamo immediatamente Tintin, per i tintinnofili un vecchio amico, per gli altri (tra cui i giovanissimi) un simpatico giovanotto dal ciuffo ribelle e i pantaloni alla zuava, affezionatissimo al suo cagnolino Milou. Il giovane reporter s’imbatte in un affascinante modellino di un veliero, ma acquistandolo si rende conto di essere finito in un intrigo più grande di lui. Il terribile Ivan Ivanovitch, infatti, lo rapisce credendo che nasconda il segreto di un tesoro; sarà grazie al Capitan Haddock, incontrato nella nave su cui entrambi sono prigionieri, e ai due imbranati detective Thompson& Thompson che Tintin riuscirà, attraversato mezzo mondo, a dirigersi verso l’Unicorno, una nave che da secoli custodisce un mistero.




Il film è pensato anche stavolta sia per il pubblico adulto sia per quello dei giovanissimi; la scelta grafica riprende il concetto della linea originale estremamente semplice (“ligne claire”). L’ormai affermata tecnica motion capture non potrà che convincere anche gli ultimi detrattori della stessa, in particolare per quanto riguarda il Capitan Haddock, interpretato magistralmente da Andy Serkis che, sempre guidato da Peter Jackson, già aveva dato eccellente prova della stessa tecnica ne Il Signore degli Anelli. Con eguale fluidità di movimenti e realismo l’ex ballerino di Billie Elliot, Jamie Bell, interpreta Tintin (il cui viso è poco definito esattamente come nel fumetto) mentre Daniel Craig è Ivan, il perfido e audace avversario: ma anche all’attore non manca il coraggio nel confessare di non aver letto Tintin in giovinezza!
Spielberg dà ancora una volta un esempio di grande regia: libertà audace in eccezionali piani sequenza, nei piani lunghi e nei dettagli ben definiti, nella costruzione dell’umanità dei personaggi, specie quelli secondari che come nel fumetto ricevono ampio spazio e caratterizzazione psicologica (vedi il Capitano) grazie alla semplicità del protagonista.
La percezione di quest’avventura si basa sul movimento e sulla velocità: mai tempi morti, ma un continuo balletto di personaggi, luci e decori. Un viaggio imperdibile, una limpida ed irresistibile prova di grande amore per il cinema in cui traspare il divertimento dell’autore, che ritrova la sua anima infantile con brio e humour delicato nel rispetto del fumetto originale. Infine, un’operazione audace, dato che Tintin è un vero e proprio mito nazionale intoccabile per i belgi, già entusiasti dopo l’accoglienza calorosissima del regista a Bruxelles.
Inutile dire che ovunque è già partita la caccia ai gadget: il regista ha infatti acquisito i diritti dall’attuale marito della vedova di Hergé, causando non pochi rimbrotti in chi vede con delusione una potenziale ricchezza del Belgio andare dritto dritto nelle tasche degli americani….

Giudizio: ****



(Mercoledì 26 Ottobre 2011)


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