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La Mostra nasce sotto il segno dell'austerità

Festival del Cinema di Venezia

Mira Nair e Mastandrea disegnano il disagio di vivere


di Roberto Leggio


Venezia – I sessantanove anni della Mostra più amata dal cinema italiano iniziano nell’austerità e nei drammi intimi. I tagli alla cultura, la sfilata dei lavoratori di Cinecittà in svendita, lo strascico dei sostenitori del Teatro Valle, la crisi che investe questo paese sempre più scollato dall’Europa e i primi due film di apertura, segnano di fatto un malessere diffuso: la difficoltà di sopravvivere e di andare avanti. Così l’evocativo “Il fondamentalista riluttante” della regista indiana Mira Nair, che esplora il ritorno a casa di un uomo d’affari pakistano di Wall Street dopo il dramma delle Torri Gemelle, ci mette in guardia sull’attuale deriva sociale e economica di un mondo sempre meno globalizzato e ostaggio delle contraddizioni di un occidente ormai sull’orlo del collasso. Ma più efficace è il senso di pesantezza che si respira ne "Gli Equilibristi", durissima opera di Ivano Di Matteo con un grandissimo Valerio Mastandrea nei panni di un uomo che dopo essersi separato dalla moglie inizia una caduta verso il basso, prima trovandosi senza casa, poi arrivando ad essere un nuovo “povero” soffocato da insormontabili difficoltà economiche. Due film distanti nella cultura ma identici nei contenuti, che tastano il polso all’attualità. Il primo ha aperto fuori concorso la Mostra, mentre il secondo è l’esordio del cinema italiano nella sezione Orizzonti. E quasi a sostenere la crisi, il direttore ritrovato Alberto Barbera è una fugace presenza in questo festival, che a livello di glamour si promette di profilo basso, sommesso, senza veri clamori. Ad ogni modo a fare da catalizzatore sono state come sempre le “dive” del cinema internazionale, che passeggiando sul Red Carpet, hanno animato con la loro presenza la mondanità contenuta del giorno di apertura. Così Kasia Smutniak, come madrina del Festival, ha sfilato in un castigato Privè rosso di Armani concedendo un misurato decolté sulla schiena senza cadere in facili gaffe. Poi Naomi Watts, in qualità di moglie di Liev Schreiber e Kate Hudson, entrambi protagonisti del film di Mira Nair, si sono presentate in sobri abiti lunghi dai colori tenui. La cerimonia è stata formale, poco urlata alla presenza di Micheal Mann, presidente della giuria, tra i quali appare una deliziosa Leatitia Casta, in “affaire” con il suo compagno Stefano Accorsi, molta gente di cinema e alcuni esponenti del governo come i ministri Ornaghi e Clini.


Oggi, intanto il la competizione è entrata nel vivo e promette scintille. Ad iniziare dal Pinocchio di Enzo Alò, che nella sezione Orizzonti, ha dato il saluto all'ultimo lavoro di Lucio Dalla, scomparso solo sei mesi fa. Il cartone animato, genere sommesso del nostro cinema, mette in luce l'idea stessa che aveva Dalla aveva della vita: essere bugiardi non è un peccato ma uno stato mentale. D'altro genere The Iceman, noir a forti tinte con una risorta Wynona Ryder, moglie di un serial killer realmente esistito negli anni '60, marito esemplare e assassino a pagamento per un boss mafioso locale. Ma è soprattutto Superstar a destare qualche emozione. Il film con Cecile de France, giovane giornalista conduttrice di un talk show che farebbe di tutto pur di avere in studio l'uomo del momento. Il personaggio maschile ricorda molto il Roberto Benigni di To Rome with Love di Woody Allen, ma le somiglianze finiscono li, anche perché tra i due nasce una sorta d'amore d'interesse solo per lo share. La sfida è quindi aperta e chissò se nei prossimi giorni si possa formare una manciata di film a cui assegnare il Leone d'Oro.



(Giovedì 30 Agosto 2012)


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