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![]() Al teatro India di Roma fino al 4 marzo Accabadora Insuperabile Piseddu in un monologo tratto dal romanzo di Michela Murgia di Oriana Maerini Trasposizione teatrale del romanzo di Michela Murgia Accabadora (in sardo, “colei-che-finisce”) - che racconta la tradizione della donna che in Sardegna poneva fine alle sofferenze dei moribondi - lo spettacolo omonimo messo in scena da Carlotta Corradi per la drammaturgia e Veronica Cruciani per la regia è un monologo avvincente. Il talento straordinario di Monica Piseddu che, partendo dal ritorno di Maria, la protagonista, da Torino nel paese natale per assistere all'agonia di Tzia, ovvero l'amata madre adottiva Bonaria Urrai che l'ha strappata ad una madre anaffettiva, ripercorre il suo travaglio interiore. Il dramma di Maria è universale (la madre è tale anche se non biologica) e per questo il fiume di parole che l'attrice recita senza mai esitazioni, affascina lo spettatore. Maria è una figlia che ama senza condizioni, una donna che non può cancellare l'amore di una madre anche se questa le ha nascosto un aspetto misterioso della sua vita. La scenografia firmata da Barbara Bessi è minimale ma essenziale e significativa nello stigmatizzare l'humus drammatico della vicenda. Un pannello fatto di calce e colla che rappresenta il muro da superare e da infrangere (ingegnosa a questo scopo la frattura nel pannello che somiglia ad una vagina dalla quale la protagonista prende gli abiti di scena). La metamorfosi della protagonista diventa evidente con il cambiamento degli abiti di scena: dai jeans e maglietta Maria arriva ad indossare la nera gonna tradizionale dell' Accabadora, segno dell'accettazione delle sue origini mai estirpate. Uno spettacolo tutto al femminile che è viscerale nel tema, nella messa in scena e nel messaggio che richiama tematiche profonde come la maternità di fatto e l'eutanasia.
(Sabato 3 Marzo 2018) |
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