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L'eroe degli eroi cambia pelle...

Robin Hood

... e diventa Assassin Creed nella Foresta di Sherwood


di Roberto Leggio


Robin, Lord ladruncolo per noia e acerbo arciere della contea di Loxley, torna dalle Crociate ritrovandosi a Nottingham dominata dalla corruzione. L’ingiustizia e la povertà in cui vessa il popolo lo spingono a tramare per organizzare una rivolta contro il potere della Corona d’Inghilterra. Per diventare leggenda Robin, non ancora Hood, necessita degli insegnamenti di un mentore arabo conosciuto durante la guerra, tanto abile quanto livoroso e vendicativo di uno sceriffo proto nazista che ha fatto uccidere il figlio. Rubare ai ricchi e dare ai poveri, è solo la scintilla di una rivoluzione che forse raddrizzerà i torti e riconquisterà un amore (forse) perduto.


Dimenticate le avventure eroico-banditesche di Douglas Fairbanks o quelle picaresche di Kevin Costner. Oppure quelle romantico-senili di Sean Connery o quelle seriose gladatorie di Russel Crowe. Il nuovo Robin Hood è intrattenimento video-ludico 2.0, uscito pari pari dalla Playstation. Il Lord che ruba ai “ricchi per dare ai poveri” di oggi, si rifà ad Assassin Creed ma di nero vestito (cappuccio, arco, coltello ed evoluzioni aree da non sfigurare tra le Tartarughe Ninja). Divertimento allo stato puro in un medioevo vuxia plan dove conta di più l’azione sincopata nel corollario di una storia mai credibile, mai piantata per terra. La base di tutto ad ogni modo c’è: Robin di Loxley di ritorno da una crociata che sembra una attuale guerra in medio oriente, si ritrova a Nottingham diventata la terra della corruzione più totale. Poteri forti e Vaticano saldati assieme a spartirsi le tasse di poveracci che lavorano come schiavi in una miniera (di carbone?) tra le colline circostanti. Quindi rubare per giustizia, tramutarsi nel paladino dei più deboli e diventare un mito. C’è anche Marian, per niente Lady ma ragazza del popolo, piccola Marianne inglese, fedifraga per convenienza (e per pene d'amor perdute) ma rivoluzionaria per convinzione in appoggio del suo amatissimo “fuorilegge”. Tutto cambia e niente viene rispettato, in questa “età di mezzo” postmoderno con case e palazzi che assomigliano ad una versione futura del XXI secolo, compresi gli abiti glamour di pelle nera e grigi cappotti proto nazisti. Dirige Otto Barhurst, troppo amante di videogame, che fa di una storia epica e mitica delle leggende inglesi, in un calderone fumettistico-cinematografico (con tante frecce, dardi a ripetizione e carrozze roboanti alla Mad Max) tanto sincopato, quanto finto e bambinesco.

Giudizio: *1/2









(Mercoledì 21 Novembre 2018)


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