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Struggente opera sulla vecchiaia e le sue “follie”

Il Corriere - The Mule

Grande Orso Clint (Eastwood) e il suo ennesimo capolavoro


di Roberto Leggio


La vita non è mai un lungo fiume tranquillo… Quando Earl Stone, un anziano signore di oltre 80 anni rimane solo e al verde, dopo essere stato costretto a chiudere la sua impresa di floricultura, gli viene offerto un lavoro per cui è richiesta la sola abilità di saper guidare un'auto. Accettato senza tanti complimenti, Earl è ignaro di essere diventato un corriere della droga di un cartello messicano. Il suo carico diventa di volta in volta più grande essendo bravo nel suo mestiere, e per questo motivo gli viene assegnato un assistente. Nonostante i suoi problemi finanziari appartengano al passato, sorge un altro problema: Earl è finito nel “mirino” dell'efficiente agente della DEA Bates. Earl scopre che è seguito da Bates, ma molto probabilmente a tenerlo d'occhio è anche qualcuno del cartello stesso.


Canto del cigno o nuova rinascita? A quasi 90 anni (ne ha 88), il vecchio orso Clint Eastwood, ragiona sulla vecchiaia, sulla famiglia e sul sopravvivere in un paese in collisione con se stesso. Earl (come Conte) è un vecchietto che ha dedicato tutta la vita alla floricoltura, mettendo in disparte la famiglia (perduta e poi ritrovata nel momento del bisogno) godendosela con gli amici (e amiche), finendo sul lastrico e senza un soldo dopo l’avvento dell’E-Commerce. Cosa inimmaginabile per uno come lui, reduce dalla guerra di Corea (come Walter Kovalski di Gran Torino), saldamente attaccato ai sani valori americani. Così, dato che non ha mai preso una multa per eccesso di velocità, si ritrova a fare da corriere (all’inizio inconsapevole) per un grosso cartello di droga messicana. Il bello che ci prende gusto e la vita, riprende come prima, forse un po’ meglio di prima. Evitando spoiler, nella nuova opera del vecchio pistolero, c’è molta gioia ma anche molta amarezza, in quanto da capace narratore mostra l’America attuale che per guadagnare qualche dollaro in più, ha scordato i principi fondanti del Grande Paese. La vita di Clint Eastwood è un Mystic River in perenne movimento. L’età che avanza ed il tempo che passa (e che gli resta, anche metaforicamente) gli permette di guardare in maniera critica e viscerale ad un presente sempre più strangolato dalla deindustrializzazione, che ha piegato uomini, famiglie e per ultimo lo stesso Stato, quello conservatore un po’ libertario. Nel contesto, Clint, mostra il suo viso rugoso, ma ancora affascinante, che si può permettere di epiteti come “mangia fagioli”, “negro” e dare dei maschi ad un gruppo di riders lesbiche. Ma nonostante nel film sia politically incorrect, Eastwood da anche una spallata al sistema di polizia, alla violenza gratuita e razzista che serpeggia negli Stati Uniti, cioè l’insofferenza verso i non wasp, che siano latinos, afroamericani, cinesi e tutte le minoranze etniche. Perché come recita una delle migliori battute del film, egli non ha mai avuto filtri. Così molto candore, intelligenza, arguzia e umanità, il Grande Vecchio, mostra la fragilità di un uomo arrivato al capolinea, ma in qualche modo, sempre pronto a riprendersi la vita che li resta. In corsa, tra una consegna e l’altra. Anche magari dietro le sbarre.

Giudizio: ***



(Venerdì 8 Febbraio 2019)


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