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In mare siamo tutti uguali

Comandante

Affondiamo il ferro nemico, ma gli uomini li salviamo!


di Roberto Leggio


All’inizio della Seconda guerra mondiale Salvatore Todaro comanda il sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga nell'Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un mercantile Kabalo, di nazionalità belga, carico di materiale bellico inglese. Scoppia una breve ma violenta battaglia nella quale Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini. Una volta arrivati nella baia di Santa Maria delle Azzorre, una volta sbarcati, il capitano del Kabalo gli chiede perché si sia esposto ad un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”.


La guerra é uno scontro tra uomini. Ci sono, a seconda degli schieramenti, dei buoni e dei cattivi. In guerra esiste solo una regola: uccidere il nemico. In questo film tratto da una storia vera, si parla di nemici, onore ed etica. E non è una cosa così ovvia. Il comandante di un sommergibile italiano (Salvatore Todaro, uomo tutto d’un pezzo, sofferente di mal di schiena, intellettuale tout-court, un po’ veggente e camicia nera senza compromessi); dopo aver affondato un natante nemico, per umanità decide di salvare i superstiti andando contro la legge, perché la vita, anche di chi ti spara addosso e un bene da custodire. Il film di Edoardo De Angelis mostra questo eroe fedele alle leggi del mare (in mezzo al mare siamo tutti uguali) che mette in atto una propria pietas nel massacro in corso. Ma nonostante il grande senso di umanità che grava su tutto il film, la narrazione è alquanto retorica (come mai ci avete salvato? perché siamo italiani!) e in qualche passaggio sottolinea in maniera barocca i classici stereotipi degli italiani brava gente (magnanimità, gnocchi, mandolino). Ne resta un buon film sul piano formale, claustrofobico come si confà ad un messa in scena di sottomarini (Uomini sul fondo di Francesco De Robertis ne fu l'esempio massimo durante il fascismo) e profondamente nazionalista. Ad ogni modo il senso stesso dell’opera, è risposto nell'esergo iniziale tratto dal pensiero di un capitano russo nei confronti di un marinaio ucraino nell'attuale conflitto. La pietà è solidarietà è un istinto del tutto umano perché siamo tutti figli della stessa madre. Allargando gli orizzonti la morale del film si può applicare (in maniera diversa) anche ai poveracci che arrivano sulle nostre coste. Ma questo è necessariamente un altro film. Un’altra storia vera.

Giudizio **1/2



(Lunedì 30 Ottobre 2023)


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