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Dai film "Sin City" e "36"

Delitti e colonne sonore

Musiche poco "noir"


di Fabio Ciminiera


Declinare Sin City e 36, quai des orfèvres nella stessa categoria cinematografica, entrambi nel genere noir, forse è una forzatura. Uno spunto di partenza simile, un mondo nel quale i buoni, coloro che dovrebbero far rispettare la legge, sono meno rispettabili e affidabili del dovuto, il confine tra male e bene attraversato ripetutamente, tanto da far apparire più ragionevoli le prostitute criminali e ben organizzate di Sin City del Depardieu, capo della Polizia, che raggiunge il potere grazie ad intrighi e maneggi.

E in entrambi i casi l'idea di abbandonare il canone del film noir fatto di maledizione rassegnata, il tono indifferente e stanco della voce narrante, per passare in una dimensione più furiosa, più violenta. In una dimensione che rende le tensioni meno drammatiche e più scontate, che si manifesta nella musica che accompagna entrambi i film.

Se nella letteratura del cinema noir, abbondano pagine di grande musica, momenti indissolubilmente legati agli sguardi di Robert Mitchum, alle entrate nei locali fumosi, agli inseguimenti e alle intuizioni, sottolineati ed esasperati da uno svolgimento musicale accorto, nei due film la musica diventa una ulteriore prova dell'abbassamento della tensione, che dovrebbe essere ingrediente principale in un film che si avvicina al genere noir.

É strana, quasi assente, la sensazione che lascia la musica di Sin City: resta qua e là il ricordo di un sassofono à la Blade Runner, in apertura, qualche break ritmato stile drum'n'bass, in modo estremo, in alcune scene più movimentate. E questo, in un film che mette in campo un fumetto - e un creatore di storie, Frank Miller, tra i più venerati del genere - un notevole cast di attori, l'intervento dello stesso Miller e di Quentin Tarantino come supporto alla regia, una fotografia e una scelta di colori e soluzioni visive sempre centrate sulla perfetta aderenza all'originale cartaceo, tutto questo avrebbe potuto e dovuto stabilire un punto di arrivo più alto.

Quantomeno la presenza, protettiva? produttiva? propositiva?, di Tarantino, e il fatto che alle immagini, ben caratterizzate e congegnate sui tratti del fumetto, oltre che splendide di per sé, si potevano associare diverse scelte di regia musicale, potevano portare ad un discorso di livello più alto anche per le musiche. Forse, il paragone subito stabilito con Blade Runner, il sassofono che taglia la notte nella prima scena, denota in modo troppo chiaro il limite di questo aspetto del film. Pure la voce narrante, ritagliata, questa sì, sui canoni del genere, riesce ad essere poco incisiva, anche se certamente meglio centrata rispetto all'utilizzo della musica.

Allo stesso modo, le musiche di 36, quai des orfèvres denotano la scarsa voglia di seguire, segnare in modo attivo e significativo l'andamento della trama. Le poche frasi presenti nei vari momenti del film sono trattate sempre nello stesso modo: esposizione delicata, poche note di pianoforte, il tema, semplicemente; poi si aggiungono via via gli strumenti di un gruppo, l'orchestra e si finisce con il rinforzo di ritmiche campionate, in una crescita di volume, ma non di intensità nè musicale nè emotiva.

Entrambi i film peccano nell'assenza di un desiderio di superare l'immediato e lo scontato successo nel realizzare e rendere al meglio le atmosfere di un fumetto, le speculazioni di personaggi ai confini tra la dannazione e il desiderio di dannazione, nel primo caso, la sicurezza del risultato garantito da un cast di nomi di sicuro richiamo, che gioca un po' troppo a rifare gli americani, perdendo di vista in alcuni punti le peculiari caratteristiche di attori e scenari, nell'altro.

Sin City


Il nuovo pulp della Tarantino Factory
Sin city
Grande bravura tecnica e noia abissale
Nonostante i meriti formali, che non possiamo non riconoscergli, è fortunatamente un grosso flop.



(Venerdì 22 Luglio 2005)


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