 Affascinante storia d'amore fra un ragazzo e una pistola Dear Wendy Film sceneggiato da Lars Von Trier
di Samuele Luciano Ultimamente alcuni episodi di cronaca, verificatisi in un mondo occidentale sempre più pacifista quanto armato, hanno attirato l’attenzione di importati cineasti come Micheal Moore e Gus Van Sant. Il difficile tema ha stuzzicato stavolta la penna di Lars Von Trier. Dico penna perché del film “Dear Wendy”, uscito ieri nelle sale italiane, il regista scandinavo è solo lo sceneggiatore. Von Trier inventa lo strano caso in cui “l’arma non è un mezzo, ma il fine”, anzi l’arma costituisce un personaggio vero e proprio nella trama, e lo racconta come sempre alla sua maniera, mescolando ingredienti apparentemente inconciliabili (un ragazzo vestito alla Oscar Wilde impugna una calibro 52 del XVIII secolo e dall’altra parte c’è un plotone di Rangers pronto a sparare, il tutto immerso in una scenografia da “Duello al sole”!..). Del resto le mescolanze più ardite hanno dato vita a prodotti insoliti, ma non per questo spiacevoli, (mi viene in mente la maionese). L’impianto narrativo è preciso, di indubbia coerenza, e potrebbe ricordare “Dogville”. Anche qui infatti c’è l’unità di luogo, (tutto si svolge in un paesello anonimo dell’America sud-orientale), una voce fuori campo quasi ridondante, una recitazione stupita, ma non stupida… Tuttavia l’impronta del regista Thomas Vintenberg rende il film meno stilizzato di quanto ci si aspetti. Lo stesso Vintenberg ha affermato che il suo cinema è in antitesti con quello di Lars, cioè meno matematico e più intuitivo, e che si è sforzato per quanto ha potuto di creare vita e umanità sullo schermo.

E’ stata quindi di Vinterberg l’idea di ringiovanire di 10 anni i protagonisti per ancorare il film a una forma di realtà e di riconoscibilità. Da questo connubio di opposti (che vanta addirittura la fondazione del Manifesto Dogma nel ’95) nasce un lungometraggio affascinante che trasporta lo spettatore nella curiosa storia d’amore tra un adolescente e una pistola. Dal profondo di una tremenda solitudine ricomincia così la vita e ad accenderla è paradossalmente uno strumento di morte…ma non voglio dire altro. I giovani attori sono eccezionali (e comunque tutti ben referenziati). Da notare soprattutto Jamie Bell (ballerino apprezzato in “Billy Elliot), che interpreta il protagonista (Dick), anche se l’antagonista Danso Gordon (“American History X”) spesso gli bagna il naso. Bill Pulman nel ruolo dello sceriffo Krugsby è meno attraente del solito, ma perfettamente congruo al sarcasmo Vontrieriano.
giudizio: * * *
(Sabato 24 Settembre 2005)
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