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Nel deserto nessuno può sentirti urlare...

Wolf Creek

Un thriller agghiacciante e spiazzante.


di Roberto Leggio


L’Australia è un paese straniante, fatto di grandi spazi e di panorami senza fiato. Affittando una macchina si può viaggiare liberamente e attraversare lande desolate e foreste incontaminate. Ma si può anche incontrare la morte. Soprattutto nell’Outback, una delle zone più affascinati e solitarie del continente.

E qui che vediamo addentrasi i tre ragazzi spensierati della vicenda (un ragazzo e due ragazze) che, partiti con un auto a noleggio, carica di poche cose e molto senso dell’avventura, vedono trasformarsi la loro vacanza in un incubo.

La trama a ben vedere ne ricorda tante altre, con le solite vittime svagate che finiscono nella mani dell’orco di turno. Ma diversamente da altri film di genere, Wolf Creek ha il pregio di avvalersi di una struttura narrativa che gioca molto sulle suggestioni e le attese. Non per nulla nella prima parte si parla spesso di rapimenti UFO (geniale la sequenza degli orologi che smettono di funzionare tutti assieme) che immergono la storia in una atmosfera magica sullo stile di Picnic ad Hanghing Rock. Senza contare l’emblematica sequenza nel cratere del titolo (una bocca spalancata verso l’inferno?) che i ragazzi visitano prima di scivolare nell’orrore più puro.

Da quel momento in poi, tutto precipita in un’angoscia senza fine che destabilizza i nervi dello spettatore con sequenze spiazzanti e colpi di scena a non finire. Il pregio va alla vibrante regia di Greg McLean, che seppur con qualche sbavatura (come quella dell’assassino a terra), è riuscito a dar vita ad un vero e proprio thriller dal forte impatto emotivo, senza scadere in eccessi di bassa macelleria. Probabilmente perché il suo intento era quello di mostrare la “normalità” del mostro in tutte le sue sfaccettature, comprese la sua risata inquietante e le efferatezze senza pari.

Su questo piano un plauso fa all’attore John Jarrat che è riuscito a caratterizzare il male allo stato puro in maniera indimenticabile. La storia, ad ogni modo, si basa sugli omicidi compiuti dal serial killer Ivan Milat, che tra il 1989 ed il 1992 uccise decine di ignari e vulnerabili backpackers scelti a caso lungo le infinite e solitarie strade del Great Sandy Desert. Nella realtà egli fu condannato all’ergastolo grazie alla testimonianza di un autostoppista inglese che riuscì a sfuggirli. Nella finzione, invece…

giudizio: * * * *



(Venerdì 18 Novembre 2005)


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