 Umorismo fuori luogo E se domani Terzo lungometraggio de "Le Iene"
di Mirko Lomuscio  Dopo Notte prima degli esami, In questo mondo di ladri e Il cielo in una stanza, ecco un altro lungometraggio che prende il titolo in prestito da una vecchia canzone: E se domani, cantata dall’intramontabile Mina. Si tratta della terza avventura cinematografica del noto duo televisivo formato da Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu (i programmi tv "Le iene" e "Camera cafè"), dopo E allora mambo e Tandem. Questa volta dietro la macchina da presa c'è, al posto di Lucio Pellegrini, l’esordiente Giovanni La Pàrola.
Ecco la trama: tutto ha inizio in una banca, dove Mimì Rendano (Bizzarri), armato di pistola e bomba, prende in suo possesso il posto, minacciando di uccidere tutti se non ottiene ciò che vuole. In suo soccorso arriva l’amico avvocato Matteo Cillario (Kessisoglu), il quale, sostenuto dalle forze dell’ordine, cerca di convincerlo a non fare pazzie. Da questo momento in poi, facendo qualche passo indietro nel tempo, assistiamo alla storia dei due inseparabili amici, a cominciare dal giorno in cui Mimì, trasferitosi dalla Sicilia in una città del nord, aprì una fabbrica di chiavi con Giovanni (Claudio Gioè), sposato con Ketty (Sabrina Impacciatore). Il destino, però, volle che Ketty, vecchio ed inconfessato amore di Mimì fin dai tempi delle scuole medie, rimanesse vedova, e che l’uomo, quindi, si ritrovasse al suo fianco per prendersi cura di lei e della sua bambina, finché un giorno qualcosa andò storto con la banca.
La professionalità dei due protagonisti e della sempre ottima Sabrina Impacciatore (stavolta con accento siciliano) rientrano sicuramente tra le note positive di questo elaborato, ulteriormente impreziosito da una notevole colonna sonora costituita da pezzi degli Anni Sessanta, dalla già citata Mina, a Rita Pavone, a Ricky Shayne, nel quale troviamo coinvolti anche Luigi Maria Burruano, Ernesto Mahieux, Mario Donatone e Mita Medici.
Per il resto, però, al di là di una fotografia decisamente mediocre, ci rendiamo conto del fatto che più i fotogrammi avanzano, più non si riesce a capire quale direzione voglia prendere la trama. La Pàrola ricorre ad uno stile narrativo molto vicino a quello usato dagli americani, ma decisamente inappropriato ad un film di questo tipo, e, nel raccontare una storia realmente accaduta (il lungometraggio è tratto all’opera letteraria Il caso Gargano di Armando Cillario, a sua volta ispirato ad un fatto vero), sembra quasi insicuro, come pure il cast, di trasportare lo spettatore su un piano realistico. Alleggerisce quindi il tutto con dosi di umorismo, le quali, però, finiscono per apparire del tutto fuori luogo. Ma sono proprio queste gag forzate che, se da un lato provocano un certo disorientamento nel corso della visione, dall’altro provvedono a rendere più godibile l’insieme, nonostante i non eccelsi risultati.

giudizio: *
(Lunedì 17 Aprile 2006)
Home Archivio  |