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 Una storia troppo puerile 300 La guerra al terrorismo nasce "anticamente a Sparta"?
di Piero Nussio Non varrebbe proprio la pena di parlare del film 300, se non fosse per due motivi.
Il primo motivo è poco serio, ma è adatto all’argomento ed ai protagonisti. Quando ho letto che il film aveva suscitato proteste ed era stato bandito in Iran, ho pensato che fosse solo una uscita pubblicitaria del leader persiano dal nome e dalle uscite impronunciabili come Almadinejad. È solo uno sciocco film fantasy, tratta da un ancor più sciocco fumetto –ho pensato- che senso ha cercare di trarne un’interpretazione politica... Ebbene, mi sbagliavo. Non so se l’illustre regista Zack Snyder, già autore nel 2004 di un dimenticato remake de La notte dei morti viventi ed esperto di pallacanestro, sia stato direttamente finanziato con i soldi del Pentagono, o se invece i soldi li abbia ricevuti la Warner Bros. Di certo, le note propagandistiche di una certa destra americana ci sono tutte. Quella più becera, ovviamente, che vorrebbe menar le mani anche a Teheran, dopo il bel risultato ottenuto a Bagdad. Altrimenti perchè tirar fuori un dimenticato episodio della storia dei non facili rapporti fra la Grecia ed il vicino Oriente, che erano passati per la guerra di Troia, le conquiste dei re persiani Dario e Serse, e le conquiste greche in Oriente di Alessandro Magno? Serse I, il cui impero si estendeva dall’odierno Afghanistan fino a tutte le coste africane del mediterraneo compreso l’Egitto e Cartagine, aveva tutto l’interesse di conquistare la Grecia, che era all’epoca l’unica potenza commerciale del mondo a contrastarlo. Ed i greci non avevano nessun interesse a farsi dominare dagli scomodi vicini di sempre. La rivincita venne poi con Alessandro Magno, greco del nord, ma al 500 a.C. la forza militare apparteneva ancora ai persiani. Che erano re barbuti, ieratici e severi, dalle abitudini sessuali molto chiare ed univoche. Tutto il contrario dell’efebo gay, liscio e ballerino, abbigliato come un trans e coperto di spilloni punk, che l’attore Rodrigo Santoro interpreta nel film.

Semmai, il “vizio greco” era appunto un difetto diffuso in Grecia, dove non si sono mai posti troppi limiti alle espressioni filosofiche e sessuali. Il re Leonida (Gerard Butler) non aveva probabilmente inclinazioni “greche”, ma non era nemmeno quella belva assetata di sangue che il film disegna. Casomai era uno stratega, che aveva attirato un esercito preponderante verso le Termopili, una stretta gola di montagna dove era più facile far fronte con poche forze ad un’armata difficile da arrestare. In ogni caso Leonida combatteva in patria, per difendere la sua terra dagli invasori, e non viceversa...
È poi leggenda che abbia deciso di sacrificarsi da eroe per volere di Sparta (“O viandante, annuncia agli Spartani che qui noi giacciamo per aver obbedito alle loro parole”) o per il volere degli Dei, che avrebbero salvato la città solo se il suo re si fosse sacrificato. Un argomento da tragedia greca, non da splatter americano. Con il sostrato ideologico della “guerra al terrorismo arabo”. Come giustificare altrimenti i puri bianchi spartani (con i loro elmi da vendicatori) che combattono contro i persiani addobbati con i barracani arabi? In testa hanno il turbante dei predoni del deserto, e lo sguardo cattivo di talebani assetati di sangue. Poi, come in tutti gli incubi fantasy, ci sono mostri, giganti e depravati sessuali. Le forze del male, il diavolo mussulmano contro cui tutte le cattiverie dei crociati bianchi sono giustificate. Sembra quasi che la sceneggiatura l’abbia scritta Almadinejad -quello che nega l’Olocausto e vuole cancellare gli ebrei dalle carte geografiche- e non l’autore di fumetti Frank Miller. Forse avevano ragione i miei genitori, mezzo secolo fa, a pensare che i fumetti erano robaccia, spazzatura...

Il secondo motivo per parlare male di 300 è più serio, ed anche più strano. Mezzo secolo fa, con strumenti più poveri e trucchi cinematografici abbastanza puerili, ero un fan dei film di battaglie e di avventura. C’erano più muscoli e meno sangue, più combattimenti corpo a corpo, più astuzia ed agilità, e meno teste mozzate e sangue finto. Ed erano girati all’aperto, nelle nostre vallate mediterranee (spesso sui monti di Tolfa, alle porte di Roma, oppure nella calda e assolata Spagna). I film di battaglia di oggi sono, come questo, girati a Montreal, nel freddo Canada. E –soprattutto- sono tutti ripresi all’interno, fra le quattro anguste pareti di uno studio cinematografico, con i paesaggi costruiti al computer e inseriti poi nel film in fase di post-produzione.
Sarà per un difetto della tecnica del Chroma key (letteralmente “chiave cromatica”, ma un termine italiano più preciso è “intarsio a chiave di colore”) che tende a far privilegiare i toni del blu rispetto alle tonalità rossastre, sarà magari per una prevalenza delle leggende nordiche abituate ai cieli bui e tempestosi, ma tutti questi film tendono ad assomigliare all’Urlo di Munch, immagini livide e inquietanti.

Immaginatevi cosa deve essere la versione "IMAX" che gira all'estero: 360 gradi di cupezza, completamente immersi fra tempeste nere, teste che volano e sedie che sobbalzano...
Non dico che fossero allegri e pacifici i nostri film di guerra e d’avventura, dove si faceva allegramente strage di selvaggi, di pellirossa e di cani infedeli d’ogni risma. L’eroe era regolarmente biondo e ben vestito, l’eroina procace e truccata a regola d’arte, i morti rapidi e rossastri.
Ma rispetto ai colori cerei e tempestosi, al buio livido dei film di oggi, dove anche il sangue assume un colore fra il blu e il violetto (tutti nobili?), mi sembra che i “nostri cadaveri” fossero più allegri. E che quando l’eroe uccideva a raffica i “musi rossi” e gli “sporchi cani infedeli” lo facesse con più allegra noncuranza e con meno razzismo.
Sbaglio?

(Martedì 27 Marzo 2007)
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