 Gli intrighi del potere tra sangue e crisantemi La città proibita L'ultima fatica "epica" di Zang Yimou
di Roberto Leggio 
Da qualche anno in qua, Zang Yimou, si dedica esclusivamente a storie dal sapore antico. Lo furono Hero e La Foresta dei Pugnali Volanti, dove la sua cinematografia artigianale ed artistica, lasciava spazio a due veri Wu-Xapian, pieni di passioni e di morte, cappa e spada da antologia. Due veri capolavori di genere, ambientati in epoche lontane, nei quali si potevano cogliere malefatte politiche attuali (orientali e non). Non è da meno La Città Proibita, nel quale illustra intrighi di palazzo, molto simili alle tragedie Shakespeariane.

E non sarà un caso che la storia (almeno nella sua struttura più essenziale) ricordi vagamente Macbeth e Re Lear. Siamo nel decimo secolo, ai tempi della tarda dinastia Tang. E’ un periodo di decadentismo, dove la depravazione ed il disfacimento sta minando le fondamenta del palazzo del Re. Che è dispostico, tanto divorato da un odio profondo nei confronti della moglie, che la avvelena giorno per giorno facendole bere intrugli “medicinali” in un incredibile rituale meticoloso. Questo stillicidio è la metafora del suo regno, che va sgretolandosi sotto i suoi occhi, grazie alle mire del figlio prediletto (che incestuosamente si unisce con la madre), erede “forse” meno cinico del genitore. L’azione si svolge nei giorni che precedono lo Chong Yang, una festività che celebra gli antenati, di cui i crisantemi dorati sono il simbolo della celebrazione. E sarà proprio il colore oro delle armature dei soldati del figlio usurpatore a dare battaglia all’esercito totalmente nero del cinico genitore, in un finale da tragedia greca, dove nessuno (tranne forse, l’ottusità del potere) ne esce vincitore. Zang Yimou, dirige un film dalle qualità cromatiche pastose, sfarzose e sfavillanti, dove i personaggi si muovono in un grande palcoscenico che va ben oltre l’artificioso. Le scene di massa, i movimenti da camera, le battaglie epiche (in cui le arti marziali si combinano in perfetta armonia con quelle militari), confermano ancora una volta che il regista cinese è capace di inventare e tenere le redini di un’opera di grande cinema, in perfetto equilibrio tra teatro e danza. Senza contare il magistrale tratteggio dei personaggi. Tutti malvagi, complessi, contrastati, ma allo stesso tempo umani e fragilissimi.
giudizio: * * * *

(Venerdì 25 Maggio 2007)
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