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Herzog a Milano

Cronache dell'assoluto

Un incontro memorabile per i cinefili


di Samuele Luciano


Martedì sera al Teatro dal Verme di Milano c’e stato un incontro con il grande maestro Werner Herzog che ha portato con se alcuni suoi scritti sulla verità, sul sublime e sull’Assoluto.
Il cineasta è stato introdotto da un Enrico Ghezzi in grande forma che per presentare l’autore ha scelto di leggere una sua vecchia recensione sul capolavoro del 1979: Nosferatu – The Vampire.
Ghezzi, al termine della sua lettura, si è dato del “pargolo della critica” anche se, ha aggiunto, forse allora era meno giovane di oggi.
Il teatro era gremito per lo speciale evento, che vedeva come ospiti d’onore anche il pianista Philip Glass e la scrittrice Fleur Jaeggy. Nella sala gli spettatori restavano in silenzio estatico ad ascoltare un piccolo grande saggio sul tema dell’assoluto, letto in lingua tedesca da Herzog, la cui traduzione italiana scorreva intanto sul fondo del palcoscenico.
Questo espediente permetteva allo spettatore un ascolto più attivo, partecipativo, di alcuni pensieri dell’autore bavarese, sulla base di aneddoti di vita vissuta.
Come tutti sanno Werner Herzog ha sempre fatto un cinema molto fisico, faticoso nel vero senso della parola, basti pensare che si è autoprodotto il suo primo film a 19 anni, coi soldi guadagnati lavorando di notte in un acciaieria.
Oltre ad essere un grande filosofo, il regista è anche un grande fanatico dell’esplorazione planetaria, abitudine che gli ha permesso di pervenire a sorprendenti illuminazioni, proprio attraverso la conoscenza di usi e costumi delle civiltà più che di tomi accademici.
E di questo prezioso bagaglio esperienziale ha fatto partecipe il pubblico milanese, che lo ha accolto con clamore e qualche sorriso, vista l’inaspettata vena ironica di alcuni suoi brani.
Herzog ha argomentato un concetto molto complesso: la verità è più presente nell’intuizione e nel sublime che non nel dato obbiettivo, tanto meno in quello fittizio e diversivo della realtà virtuale.
Oggi l’interesse pubblico è catalizzato più dalla realtà virtuale, ossia “costruita”, che non dalla realtà più celata e profonda: quella del sublime.
Ai giorni nostri parlare di verità significa intristirsi, perché siamo così desueti alla fatica del captare che tale inesperienza ci deprime e ci fa tristezza.
Maggiormente semplice invece è costruire e ricostruire, più che cercare, perché cercare implica il rischio di non trovare, o peggio ancora di trovare senza poter trattenere.
Pure, nessuna miriade di verità precostituite può valere l’emozione di una sola verità conquistata.

Chissà se il mitico regista tedesco ha mai visto il film di Pasolini “Che cosa sono le nuvole?” dove lo straordinario Totò (Jago) diceva a Ninetto Davoli (Otello): Che cosa senti dentro di te… Concentrati bene, senti qualcosa? Ecco, quella è la verità. Ma fai attenzione a non nominarla, perché se la nomini non c’è più”.
Nel corso dell’intervento di Werner Herzog sono state proiettate alcune clip dei suoi film e documentari più celebri, tra cui il più disarmante “Lesson of Darkness” (Apocalisse nel deserto). Il film, ha commentato Herzog, viene catalogato come fantascientifico per la sua stilizzazione, in realtà la visione apocalittica è quella dei pozzi di petrolio in Kuwait dopo la Guerra del Golfo, dati alle fiamme.





Un omaggio al grande maestro
Gli enigmi di Werner Herzog
Dal 16 al 21 maggio a Udine, Pordenone e Trieste



(Lunedì 9 Luglio 2007)


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