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Cristalli sognanti (2)

Il pianeta proibito e il pianeta selvaggio

La fantascienza fra cinema e letteratura


di Sandro Russo


Un tema simile a quello di Solaris (vedi il precedente articolo di Cristalli sognanti), ma trattato in modo molto grossolano si ritrova in un altro vecchio film di fantascienza, un classico, americano questa volta; “The Forbidden Planet” (Il pianeta proibito), dove si racconta di una spedizione terrestre su un lontano pianeta.
Gli esploratori trovano i resti di una civiltà avanzatissima che ha prodotto una macchina enorme, grande a perdita d’occhio, di cui non riesce a comprendere la funzione; ma di esseri viventi nessuna traccia.
Trovano invece un piccolo robot servizievole che fa loro da guida nelle esplorazioni.
Succede però che durante i periodi di riposo dell’equipaggio, un misterioso nemico uccida calpesti distrugga tutt’intorno; i superstiti che riescono a ripartire, guidati dal solito eroe americano, capiscono all’ultimo momento la funzione della macchina, il motivo dell’assenza di esseri viventi e le distruzioni da loro stessi subite.
- I mostri dell’Id ! – rivela l’eroe al resto dell’equipaggio attonito – I mostri dell’Id - che attraverso la supermacchina, creata per rendere reali i desideri dei costruttori, aveva distrutto letteralmente ‘dall’interno’ quella civiltà e stava per annientare anche loro; essa infatti realizzava non soltanto i desideri coscienti, ma anche le pulsioni oscure della mente.
Della brutta avventura rimane agli esploratori a bordo dell’astronave, solo il piccolo robot servizievole che avevano trovato sul pianeta...

[N.d.r. - Curiosità d’agenzia: pari pari la piccola macchina parlante è poi diventata il personaggio di un vecchissimo ‘Carosello’ televisivo, non ricordo bene se proprio la pubblicità di una delle prime lavatrici, con la famosa battuta finale: - Or che bravo sono stato.. posso fare anche il bucato? (… Eh no!.. al bucato c’è già chi ci pensa… la lavatrice Candy!)]


Di queste storie ricordo di aver parlato più di una sera, in birreria, con persone diverse: una volta con Eleonora, fresca di laurea in architettura, a proposito del suo lavoro, che inventa luoghi e di conseguenza modi di vivere; sul fatto che nelle città noi viviamo tra i sogni di persone che non ci sono più, tra le costruzioni che essi hanno ideato e realizzato, nell’umana aspirazione a lasciare ‘segni’ del proprio passaggio.
Ricordavamo M. C. Escher e i suoi paesaggi impossibili; i solidi che non possono esistere; le case il cui tetto è il pavimento, da un altro punto di vista.
Parlavamo anche della creazione artistica in genere, del ”tessuto sottile di cui sono fatti i sogni” che poi prende la sostanza del marmo, del bronzo e del cemento. E delle non meno reali costruzioni di mondi che sono i libri; o le immagini…

- Perché in birreria? - È vero! Anche una enoteca può andar bene, ma serve uno stato crepuscolare della mente per parlare di sogni e fantasmi.
Così stretto è il legame tra la realtà e i sogni: se non tutto quello che si sogna diventa reale, è pur vero che tutte le opere realizzate dall’uomo sono state prima sognate; nel senso di desiderate, pensate, accarezzate, fatte crescere dentro.
Ci sono anche i sognatori professionisti - quelli che con un’altra persona in un’altra birreria chiamavamo ‘progettisti’ - che amano i sogni finché rimangono tali; nel momento in cui stanno per concretizzarsi, essi perdono qualunque fascino ai loro occhi.
C’erano (in una birreria ancora diversa) Crosby, Still, Nash & Young (credo) che cantavano "I was just a dreamer and you were just a dream…"
Mi sembra che fosse stata proprio questa canzone a far cominciare quel discorso. Qualcuno aveva visto un film d’animazione di un genio della grafica e dell’immaginazione, un francese di nome Roland Topor: il suo unico film si chiamava Il Pianeta Selvaggio (io l’avevo visto tre volte!); in quella occasione Maurizio era ancora con noi.


Qualcuno citò "La polvere dei sogni", il titolo di un altro racconto di cui nessuno ricordava l’autore, dove un uomo che è stato tanti anni in galera non riesce a vivere fuori e trova il modo di tornarci; era stato in carcere tanto tempo e si era assuefatto alla droga di un mondo immaginato, tanto che la vita di tutti i giorni gli sembrava squallida e insulsa.
Si parlava dei paradossi dei sogni...
Abbiamo visto che i sogni possono sopravvivere al sognatore. Ma come rispondere alla domanda inversa:
- Quando muore un sogno, che ne è del sognatore?
Furono fatte alcune ipotesi: quella bocciata da tutti fu proprio la più ovvia: - Morto un sogno se ne fa un altro! – Nessuno di noi pensava questo; riconoscevamo ai sogni una vita propria e autonoma, la possibilità di parteciparli e scambiarli.
E il sognatore non sarà mai più lo stesso; sarà cambiato per sempre per effetto del sogno già vissuto. Anche nel caso in cui il sogno era collegato a una persona.
Si parlava della fine dei sogni come di una malattia gravissima, che inaridisce e dissecca dentro.
I sognatori si riconoscono tra loro, così come è subito evidente ai loro occhi se la persona che hanno di fronte è vuota o ha dimenticato tutti i suoi sogni o solo non sa più dare ad essi un nome; riconoscono lo sguardo vuoto e deluso di chi ha perso una cosa importante e non ricorda più cos’era, né riesce a sostituirla con nient’altro.

Sento un po’ la mancanza delle birrerie – qui - non foss’altro che per questi discorsi; ma se per caso aveste un po’ di polverina che vi avanza (polvere di sogni, intendo), io sono qui, per cominciare gli scambi, anche da lontano…


Cristalli sognanti (1)
Cristalli sognanti, Freaks e Solaris
La fantascienza fra cinema e letteratura



(Venerdì 14 Dicembre 2007)


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