 A proposito di “Gomorra” e “Il divo” Film a tesi e falsi documentari Un confronto fra i film “civili” di ieri e di oggi
di Pino Moroni I due film "gemelli" Il divo e Gomorra, dopo la presentazione al Festival di Cannes ed il successo ottenuto in sala, continuano ad alimentare un ampio dibattito, sia nei mezzi di informazione che fra le persone nei discorsi quotidiani. Riscontriamo con piacere questo dato, che significa -se non una rinascita del cinema- quantomeno un interesse all'opera cinematografica non secondario, nè limitato dai tempi rapidi delle uscite commerciali. Di questi due film si continua a parlare ben oltre la "settimana" dell'uscita e di questo noi amanti del cinema siamo felici, e cominciamo a presentare anche le nostre voci, a partire dall'intervento di Pino Moroni
La redazione

Gomorra Alla Festa del cinema di Roma 2007, nella rassegna “Altre visioni” si sono esaminate le nuove tendenze dello spettacolo cinematografico. La costatazione finale è che esiste un nuovo filone, costituito in fondo di una contaminazione di generi, che sembravano esauriti, e che invece ben manipolati diventano cinema sperimentale. Il docu-entertainment (docu-fiction, corto-docu, docu-idea, realtà ricostruita, mock-umentary) è il frutto di operazioni cinematografiche troppo artefatte, che riducono la distanza tra inchiesta, documento verità e fiction. Tra realtà e finzione, tra idea storico razionale e creazione -anche revisionista- di fiction. È per questo che, con una salda sceneggiatura di base e con salde radici di professionalità, in questo momento di crisi, si possono compendiare e sviluppare le possibilità e varietà del complesso linguaggio filmico, ed avere successo. Già qualche anno fa Michael Moore aveva creato il problema se le sue pellicole dovessero partecipare alle premiazioni come migliori film o documentari ( i membri dell’Accademia degli Oscar dissero: “documentario”). Ma, forse, è un argomento troppo di lana caprina. Quello che c’è, a mia opinione, nei film di Michael Moore è la costruzione di un racconto a tesi (per quanto giustificate) e camuffate da falso documentario. È il contraltare -con gli stessi mezzi e strumenti- dei film a favore della guerra che furono realizzati negli anni ’30 e ’40 dalle dittature nazifasciste, o dei Berretti verdi che finanziò John Wayne, ed oggi della Hollywood finanziata da petrolieri.

Il divo Ora anche alcuni registi italiani stanno cavalcando queste nuove tendenze sociopolitiche, con grande successo di pubblico (che non capisce questo tipo di operazioni, oppure accetta tesi aprioristiche senza senso critico). In realtà, dove sembra ci sia realismo, c’è invece manipolazione della realtà, e dove sembra ci sia analisi storica c’è invece quel revisionismo che sta toccando tutti gli argomenti e crea sempre più confusione.
Intendo riferirmi in particolare a due film usciti di recente nelle sale con grande successo di pubblico: Gomorra di Matteo Garrone ed Il divo di Paolo Sorrentino. “Gomorra” si colloca nella serie di film sulle periferie violente e senza legge delle metropoli americane o sudamericane (Crash, Cidade de Deus, l’ultimo è Tropa de elite, il film brasiliano sulle favelas che ha vinto a Berlino). Ora anche noi abbiamo la nostra “violenza nazionale” e ce ne meravigliamo. Ma lo spettacolo è lo spettacolo, come una volta “l’avventura era l’avventura”.

Cidade de Deus Nel film “Il divo” si parla invece di Giulio Andreotti, l’uomo, il cinico, il politico, il diavolo. Purtroppo ne è venuto fuori qualcosa di mal gestito: non è un documento, né un vero film, piuttosto una polpetta condita con farse sul grottesco e sul caricaturale. Parlando della commedia all’italiana, si diceva che dalla macchiette si era passati a personaggi di spessore. Mi sembra che si stia percorrendo la strada inversa, che ci sia qualcosa nel cinema italiano che rifà l’occhio alle macchiette. Forse perché oggi lo spessore non si trova più nemmeno nella stessa vita reale. Il tempo filmico va dalla costituzione del settimo governo del Divo Giulio (1992) fino quasi ai giorni nostri, attraverso una enumerazione -in parte fatta solo di singole scene- di tutti gli eventi importanti e conosciuti verificatisi negli ultimi quindici anni. Ma in più, con frasi scritte o con immagini ricostruite da fotografie e telegiornali, scorrono anche gli eventi tristemente famosi degli ultimi 50 anni. Questo “pout-pourri” ha lo scopo di rafforzare la tesi di un “Grande Vecchio” che avrebbe tirato le fila di tutto.

Il caso Mattei Un po’ come nei gialli televisivi all’italiana, in cui si mettono insieme Cosa Nostra e banda della Magliana, banchieri e delitti d’onore, servizi deviati e contesse scalze, insieme a storie di ordinaria follia. Ma al di là di questa “summa” docu-fictional politica, la parte più riuscita è quella che parla della vita privata meno conosciuta del Divo. Un grande deserto intorno, ed una grande solitudine invadono allora lo schermo. E’ la cifra di Sorrentino gia fruttuosa nelle Conseguenze dell’amore e ne L’amico di famiglia, con i quali “Il divo” risulta speculare.

L'amico di famiglia Mentre, negli altri film, i protagonisti erano persone normali e comuni, Andreotti -che è stato un personaggio non comune- manca di quell’approfondimento che lo potrebbe sollevare dalla banalità dei versi e delle mossette che conosciamo a memoria. E non basta qualche tocco di surreale a farne la differenza.
Così come per Gomorra il ricordo è andato a La sfida o Le mani sulla città, per Il divo ho pensato a Il caso Mattei e a Todo Modo.
Confronti di come si filmava ieri e di come si filma oggi.

Le mani sulla città
(Lunedì 23 Giugno 2008)
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