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Il melò di Ozpetek non emoziona

Un Giorno Perfetto

Strepitosa interpretazione della Ferrari e di Mastrandrea


di Oriana Maerini


Ferzan Ozpetek non riesce ad emozionare con il suo Un giorno perfetto tratto dall’omonimo romanzo di Melania Mazzucco. Intendiamoci è un ottimo film che meritava di essere messo in concorso della 65esima Mostra del Cinema di Venezia ma che non lascia il segno perchè non ci racconta di più rispetto alla cronaca quotidiana. Il regista de Le fate ignoranti mette in scena il rapporto malato fra Emma e Antonio, una coppia separata con due figli ed una storia d’amore struggente e dannata alle spalle, senza suspance. Il film è un dejà vu realizzato con notevole stile registico. A cominciare dal lungo piano sequenza dentro la casa della tragedia che apre il film, fino alla scena di violenza dentro il canneto lungo il tevere che rappresentano, forse, il momento più alto della pellicola. In una cosa però Ozpetek eccelle: nella direzione degli attori. Con questo film è riuscito a strappare ad Isabella Ferrari, nel ruolo di Emma, una donna vitale ma segnata dalla vita, una delle sue migliori interpretazioni e, soprattutto, a creare una sinergia perfetta fra lei e Valerio Mastrandrea. I due sono poi inseriti in una squadra formata da grandi professionisti del calibro di Stefania Sandrelli, Monica Guerritore, Valerio Binasco.



Un giorno Perfetto ripercorre, come il libro, le 24 ore della coppia intrecciate con quelle degli altri personaggi facendo presagire, con particolari a volte troppo emblematici, la tragedia che sta dietro l’angolo. Se da una parte il regista racconta una storia scontata, dall’altro spinge troppo sul tasto melodrammatico enfatizzato da una musica eccessivamente struggente. Anche in questo film la cifra stilistica di Ozpetek è inconfondibile: il regista mette, anche nella sua ultima fatica, il dito nella piaga del dolore dei personaggi, sviscerando le passioni morbose e malate. Insomma il filo rosso che accompagna lo spettatore fino alla catarsi finale è rappresentato da una struttura drammatica che deborda nel melò. ”Avevo bisogno di cucirmi addosso la storia e per questo ho rielaborato il romanzo cambiando ed aggiungendo dei personaggi” ha dichiarato Ozpetek. Ed è riuscito nell’intento di trasformare la storia narrata nel libro amplificando il dolore di Antonio, carnefice-vittima che non accetta di aver perso l'amore della sua vita. Lo sguardo di Ozpetek, anche in questo film, strizza l'occhio a favore dell'impeto passionale, anche se malato. Per il pubblico che non ama il melodramma la noia è in agguato.

giudizio: * *



(Sabato 13 Settembre 2008)


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