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Un mare di star navigano in un melo’ familiare

Un segreto tra di noi

Se il dolore fa il suo ingresso nell’ ‘happy family’


di Paola Galgani


I Taylor sono la classica coppia americana di mezza età cui sembra andare tutto liscio: Charles attende a breve un posto da presidente di un istituto universitario mentre sua moglie Lisa ha potuto finalmente riprendere gli studi abbandonati anni prima per accudire la famiglia. Anche i loro figli, Michael e la giovane Ryne, hanno avuto successo: il primo è un noto scrittore di romanzi rosa il cui ultimo libro sta per uscire, e la seconda studia legge in una facoltà prestigiosa. Mentre l’intera famiglia si sta recando alla festa di diploma di Lisa, accade qualcosa di drammatico che cambierà completamente le loro vite riportando alla luce segreti sepolti nelle pericolose sabbie del passato. Il tutto racchiuso nel banale titolo italiano che sostituisce quello originale assai più evocativo, ‘Fireflies in the garden’.
Il film, che ha partecipato al 58° festival di Berlino, si pregia dalla presenza di un cast fenomenale: oltre a Julia Roberts -su cui è incentrata la campagna pubblicitaria- Willam Defoe, Emily Watson Carrie-Ann-Moss e la cheerleder di Heroes ben nota ai teenagers Hayden Panettiere. La stranezza è che originariamente si trattava di un progettino indipendente della giovane promessa Dennis Lee, vincitore del Premio Oscar per il cortometraggio, qui sceneggiatore e regista; come nelle favole, una società tedesca di Hollywood si è innamorata della storia ed ha contribuito generosamente alla realizzazione fino a comprendere il suddetto tripudio di star.



La sceneggiatura, basata su una dolora vicenda semi-autobiografica dell’autore (ma il padre, sottolinea Lee, è pura fiction), ha un tema portante semplice ma potente, quello di una famiglia che entra in crisi davanti a una perdita e poi, in qualche modo, l’affronta. Seguiamo il corso degli eventi immediatamente successivi al dramma sull’ondata dei ricordi che ogni particolare, ogni gesto suscita nei vari membri familiari: dunque una serie alternata di flash-back la cui continuità è sottolineata da una fotografia volutamente uniforme e da poche, sobrie, differenze anche nel trucco e nei costumi. Ad ogni minuto del presente corrisponde il dilatarsi di un tempo passato, infinito, che sembrava cancellato dalla banalità quotidiana; Lee vorrebbe giocare con lo spettatore con cose non dette ma lasciate immaginare e con numerosi simboli -pioggia battente, mura-prigione della casa patriarcale, occhiali rotti. Peccato che le riflessioni sulla difficoltà di sostenere i rispettivi ruoli familiari siano ammirevoli per la loro verità, ma non riescano tutto sommato ad emozionare come il tema esigerebbe. I frequenti ma non sempre intensi dialoghi tra i personaggi -alcuni dei quali più scontati come il padre-padrone, altri più originali come la zietta ribelle- non convincono fino in fondo lasciando una sensazione insipida che ben si adegua alle tonalità smorzate della fotografia. La regia, dal canto suo, pur se molto curata non offre dettagli originali anche se si sforza di darci uno sguardo privo di giudizi per costruzione di certi dolorosi processi interiori.
Il cast di lusso può diventare un handicap per la difficoltà di armonizzare stili diversi: la Roberts non entusiasma, notevole invece Ryan Reinolds che è il motore del film, e stupisce in un ruolo insolito la Watson. Dafoe, da parte sua, dà il suo meglio per un personaggio troppo incerto tra ira e tenerezza.
Una curiosità: dietro tutti questi grandi nomi c’è una vicenda di amicizie e parentele che qualcuno definirebbe “all’italiana”: Rose, uno dei produttore del film ha infatti coinvolto il cognato Moder come direttore della fotografia, e questi ha pregato sua moglie Julia Roberts di interpretare Lisa. Peccato solo che non ci fosse un ruolo anche per la moglie di Ryan Reinolds, tale Scarlett Johansson…..

Giudizio: **



(Lunedì 29 Settembre 2008)


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