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Jean Odermatt - Silvio Wolf

Immagini dell'invisibile

A Venezia dal 10 ottobre al 13 dicembre


di red.


Venezia. E' stata inaugurata giovedì scorso la mostra di arte contemporanea “Immagini dell’invisibile. Jean Odermatt - Silvio Wolf”, a cura di Domenico Lucchini. L'evento mette in dialogo due artisti: l’uno svizzero (Jean Odermatt) e l’altro italiano (Silvio Wolf), articolandosi attorno a due topoi omonimamente e metaforicamente simili. Uno la claustra del Gottardo (ex bunker dell’esercito svizzero), l’altro il caveau dell’ex-Banca del Gottardo, ora banca BSI, progettato dall’architetto Mario Botta. Esplorazione mitico-poietica che dalle profondità giunge alla sommità suggestiva del cielo.
Il titolo di questa mostra è il punto d’avvio per uno sguardo su due orizzonti dell’esperienza e dell’arte di due fotografi ma non solo,Jean Odermatt e Silvio Wolf, che eccedono le forme della rappresentazione e, senza perdersi in opere e ombre evanescenti, si radicano nei processi simbolici della nostra sensibilità e dei suoi oggetti.

Gli artisti e le opere:

Jean Odermatt, di formazione sociologo, da 25 anni ha fatto del massiccio del San Gottardo, posto al centro delle Alpi e “tetto d’Europa”, il soggetto di una ricerca personale nella quale ha riversato strategie e tecniche artistiche che fan parte del suo bagaglio culturale: dalla fotografia, alla performance, alla land art, all’happening al teatro sperimentale.
Dall’alto della sua cittadella, la Claustra, sorta di monastero post moderno, ricavata dall’ex ridotto mai più utilizzato dell’esercito svizzero, Odermatt ha osservato e esplorato meticolosamente per un quarto di secolo, i mutamenti di questo paesaggio e territorio di confine, allo stesso tempo punto di incontro e di separazione dove convergono lingue e culture diverse, dove nascono i fiumi che si dirigono verso i quattro punti cardinali, dove le masse d’aria si scontrano l’una con l’altra.
Del suo composito progetto fanno parte un’infinita sequenza di scatti fotografici, a tutt’oggi un archivio di circa duecentocinquantamila immagini, chiosate spesso da brani tratti da diari arricchiti di riferimenti letterari, di memorie di vita vissuta, appunti di viaggio. Una paziente composizione nel tempo, una grande banca dati di immagini con cui Odermatt, nell’era della tecnologia e della comunicazione di massa, si interroga sul rapporto dell’uomo con la natura, con lo spazio vissuto come campo d’azione, luogo di eventi ma anche di ricordi, di tradizioni, leggende, sogno di ricostruzione di una memoria collettiva (“Sentiero di sogno” era intitolata una sua mostra realizzata nel 2003 dalla Galleria Gottardo di Lugano).
Luogo topico, ma in fondo anche “non luogo” in cui tramite il mezzo fotografico, Odermatt osserva l’aspetto esteriore della terra o del cielo, ma anche quello intimo, le sue viscere, facendolo apparire come organismo vivente nella sua mutevolezza nel corso del tempo, delle condizioni atmosferiche e della luce.


Silvio Wolf, di formazione filosofo, nei suoi primi anni di attività artistica ha utilizzato il mezzo fotografico esplorandone gli statuti, il linguaggio e la bidimensionalità dell’immagine. Il suo lavoro si è sempre orientato in direzioni diverse da quelle tradizionali, tese allora a privilegiare il valore testimoniale e narrativo dell’immagine fotografica, ricercando invece una visione più soggettiva e metaforica della realtà.
Dalla fine degli anni Ottanta ad oggi ha gradualmente introdotto nel suo lavoro l’uso di nuovi linguaggi, utilizzando il video, le proiezioni fisse, il suono e la luce. Le sue fotografie escono così dalla bidimensionalità pura della fotografia per coinvolgere lo spazio architettonico e la specificità dei luoghi in cui opera, così come è il caso per le immagine in mostra all’Istituto Svizzero che sono mutuate e ricontestualizzate da una esplorazione che Wolf aveva effettuato nel 2006 degli spazi architettonici, dal caveau all’edificio, progettati dall’architetto Mario Botta per la Banca del Gottardo di Lugano. Un’architettura pensata come arte di rendere abitabile il vuoto, contrappuntata da immagini senza tempo (la mostra che le illustrava era intitolata “Paradiso”), di luoghi eterni.
L'opera presentata a Venezia e’ composta da due parti complementari e distinte: La Verità, l'insieme dei lavori fotografici, e Il Tesoro, l'opera video.


“Immagini dell’invisibile. Jean Odermatt - Silvio Wolf”

Durata mostra: 10 ottobre – 13 dicembre 2008

Luogo:ISR-Spazio Culturale Svizzero
Dorsoduro 810 – Campo S. Agnese

Orari: lunedì - venerdì 11.00 -13.00/15.00-18.00, sabato 14.00-18.00
Chiuso domenica e festivi. Ingresso libero

Una produzione: Istituto Svizzero di Roma

Cura: Domenico Lucchini

Organizzazione: Jacqueline Wolf, Claudia Buraschi, Mara Folini

Grafica: Studio Humm, Milano

Catalogo:Edizioni Sottoscala, Bellinzona

La mostra e il catalogo sono stati realizzati anche grazie al contributo della Banca BSI



(Domenica 12 Ottobre 2008)


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