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Il primo film di Louis Malle

Ascensore per il patibolo

Con la splendida colonna sonora di Miles Davis


di Francesco Castracane


Tratto dall’omonimo romanzo di Noel Calef, Ascensore per il patibolo narra la vicenda di Florence Carala (Jeanne Moreau), moglie del ricco industriale Simon Carala, che ha come proprio amante il collaboratore più fidato del marito, Julien Tavernier (Maurice Ronet), ex capitano dei parà in Algeria e Indocina. I due si amano perdutamente e decidono di architettare un piano perfetto per uccidere Simon, incontrandosi poi al caffé abituale dove Julien è solito bere qualcosa. Tutto sembra funzionare per il meglio, ma l’imprevisto è in attesa.
Il film è la prima prova di Louis Malle e del gruppo della Nouvelle Vague, che cominciava a sperimentarsi dall’altra parte della macchina di presa.
Il cinema di Malle però, si allontana fin da subito dalle notazioni stilistiche del resto del gruppo, che d’altra parte, ancora non era consapevole del profondo rinnovamento che stavano apportando al cinema.
Definiamo anzitutto il contesto: siamo di fronte a quello che si chiama un noir, termine definito per la prima volta dalla critica francese, facendo riferimento ai film ambientati nella milieu criminale urbana degli anni trenta. Successivamente la critica francese conierà un altro termine: il polar, costruito unendo il termine poliziesco a quello noir. In realtà la stessa critica ha tutt’ora difficoltà a definire il genere poiché spesso lo si ritrova anche in film e contesti apparentemente diversi. A mio parere, un noir è caratterizzato sempre dalla presenza di una “dark lady”, che quasi sempre finisce male, oppure si innamora ponendo fine alla sua particolare condizione.
Anche in questo caso abbiamo un dark lady, che nello specifico caso, naturalmente finisce male. Il film è costruito come un perfetto meccanismo ad orologeria, dove tutto funziona e si incastra perfettamente. Ci troviamo di fronte a solido soggetto e a una sceneggiatura perfetta, puntellata da molti silenzi e pause, che per certi versi riportano al primo cinema di Fritz Lang. Il riferimento a Lang non è casuale, a mio parere: le ambientazioni (il grande magazzino vuoto), i movimenti di macchina secchi e rigorosi, la prevalenza dei suoni deilla città sulla parola, l’uso del montaggio alternato riportano a una visione quasi etica della realtà.
Perché parlare di visione etica all’interno di un noir? Tutti i protagonisti di questo film hanno a che vedere con la guerra, in particolare con le guerra coloniali dalle quali la Francia era appena uscita. Carala è un produttore di armi arricchitosi proprio con la guerra di Indocina, la coppia di tedeschi fa battute sullo champagne bevuto dall’ esercito tedesco in Francia e per costoro nessuna pietà, verranno assassinati, come per una sorta di meccanismo catartico, mentre coloro che la millantano finiranno suicidi. Il regista quindi attraverso un film noir svolge una riflessione sulla violenza che alla fine uccide chi la produce o ne è complice.
L’uso della fotografia e delle inquadrature in questo film, è necessario allo sviluppo della storia, come la splendida colonna sonora di Miles Davis, improvvisata in un pomeriggio mentre scorrevano le immagini del girato.
La fotografia, pulita, lineare e concentrata sui particolari, descrive una realtà diversa, come ad esempio la lunga scena che mostra la Moreau che sola e di notte va in cerca del suo uomo per le strade, stringendosi nel cappotto, oppure quel primo piano conclusivo, in cui rimpiange la vita che se ne sta per andare, prossima ad una condanna.
Il regista apre la pellicola con un dettaglio del viso della Moreau, sul telefono, su altri piccoli particolari, ma dopo pochi minuti il primo delitto è avvenuto. Esiste un indifferenza del mondo, illustrata attraverso la descrizione dei dettagli, eppure tutto avviene, il regista fa entrare lo spettatore nel vivo della narrazione, insiste sui primi piani e sui dettagli, alternati a piani e campi medi, si concentra con sicurezza sui suoi personaggi, senza mai abbandonarli. Le applicazioni stilistiche variano dalla descrizione sintetica dei particolari alla tendenza al piano continuato, fino alla scelta del raccordo antinaturalistico e degli effetti di montaggio interno. Il film è incredibilmente denso e febbrile. Esala un fascino ipnotico e turbato, aiutata da una fotografia che descrivono una Parigi di bistrot, locali, strade notturne, che lasciano una traccia indelebile nell’immaginario collettivo della Parigi notturna
Il film ottenne il premio Delluc nel 1957.




(Martedì 21 Ottobre 2008)


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