 Un horror italiano pensato per il grande pubblico Imago Mortis Deludente pellicola di genere che si rifà al cinema spagnolo
di Mirko Lomuscio 
Imago mortis è un horror che ha una particolarità specifica: è un lungometraggio italiano. Il film di Stefano Bessoni ha il pregio di essere stato girato pensando ad un ampio pubblico di massa cosa che in Italia non accadeva da tempo. Chi ben conosce il nostro panorama cinematografico sa che il genere horror è da molto tempo relegato a pellicole ultra indipendenti, quasi amatoriali. La storia è ambientata in una gotica università torinese, la scuola internazionale di cinema Murnau, dove tra i libri della facoltà troviamo il giovane Bruno (Alberto Amarilla), un ragazzo orfano che si occupa dell’archivio della scuola. Durante questo periodo di lavoro però il nostro comincerà ad entrare in contatto con qualcosa di misteriosamente macabro: una presenza ultraterrena lo ossessionerà al punto tale da portarlo alla scoperta di una verità sconvolgente. Tutto ruota attorno ad una strana creazione, un marchingegno antico che ha la possibilità di visualizzare l’ultima immagine impressa nella retina di una persona assassinata: tale processo si chiama “Thanatografia”. Ad aiutare Bruno in questa lunga indagine ci sarà Arianna (Oona Chaplin), una studentessa aperta e solare, l’unica che si rivelerà una vera amica su cui fare affidamento. Ma qualcuno trama nell’ombra, affinché i due non arrivino mai alla verità, anche a costo di ucciderli.

Imago mortis promette di voler rilanciare il genere horror nell’ industria cinematografica italiana; ma si può sinceramente ammettere che tale promessa è stata mantenuta a metà. Il film dell’esordiente Bessoni, un passato da assistente per Pupi Avati, è un sentito omaggio ai vari Hammer movies e lungometraggi gotici alla Mario Bava, ma il meccanismo della trama non ingrana e la sceneggiatura frulla tanti dettagli e situazioni senza far capire alcunché della storia. Altri limiti sono poi rappresentati dalla messa in scena poco credibile di alcune situazioni e dalla recitazione del protagonista Amarilla (Mare dentro) a volte talmenè drastica da sembrare involontariamente comica. Per non parlare poi della risibile presenza di Geraldine Chaplin (Parlami d’amore). I risultati sono quel che sono e a poco è servito il lavoro di riscrittura che i cinque (!) sceneggiatori (tra cui il Richard Stanley regista dell’horror cult Hardware) si sono imposti di voler dare a Imago mortis. I difetti di narrazione purtroppo sono ben evidenti: dalla presenza superficiale di alcuni personaggi di contorno alla totale mancanza di ritmo al lato mistery della storia. Inoltre il roboante montaggio di Raimondo Aiello (The torturer) a volte urta più al fastidio che alla tensione mentre gli fx, per quanto ben fatti, sono mostrati al minimo necessario. Insomma, nonostante si noti quanto Bessoni sia influenzato dal moderno cinema spagnolo di genere, (Tesis di Alejandro Amenabar) il film ha invece molti punti di contatto con il mediocre Oxford murders di Alex De la Iglesia. giudizio: *
(Venerdì 16 Gennaio 2009)
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