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Quando Golia prese il fucile

Defiance - I giorni del coraggio

Resistenza e onore nella foresta


di Roberto Leggio


Alla fine, dopo aver scandagliato per bene il destino degli ebrei durante lo sterminio nazista, siamo arrivati finalmente alla “celebrazione” dell’ebreo combattente per la libertà. Basta con lager, forni crematori, rastrellamenti e scene di “quotidiana mattanza”. Qui abbiamo i figli di Abramo orgogliosi di non scappare davanti all’invasore assassino, ma pronti a dargli battaglia. Sembra una contraddizione, in questi giorni, nei quali si consumano i massacri di Gaza, ma quello che Defiance mette in luce è la resistenza che un gruppo di ebrei, fece nei confronti dei tedeschi nei giorni posteriori all’invasione dell’Unione Sovietica. Nella fattispecie si racconta la storia vera di Tuvia Bielski e dei suoi due fratelli, che si rifugiarono nei boschi della loro infanzia (la foresta dell’attuale Bielorussia), dove iniziarono una guerra partigiana e allo stesso tempo diedero vitto e alloggio ad una comunità di ebrei transfughi da vari ghetti della zona. Alla fine, i salvati furono più di 1200, mentre i Bielski (quelli che almeno sopravvissero) non chiesero nessun risarcimento. Uomini da leggenda, si potrebbe dire. Invece il film mostra con molta chiarezza, come questi uomini semplici (erano dei contadini), fragili ed ambigui, si ritrovarono ad essere eroi per necessità. Naturalmente per questioni di spettacolarità, la vicenda è stata ampiamente romanzata (come la scena nella quale la comunità si trova a scappare nelle paludi, mentre dal cielo i ricognitori non sembrano nemmeno accorgersi della loro presenza), ma il cinema è fatto anche di questo.


L’epica della questione comunque resta. Ed Edward Zwick, regista che dopo Blood Diamonds, continua nella sua visione della malvagità degli uomini, è abbastanza bravo a descrivere la difficile sopravvivenza di queste persone. Fallisce però nel dare pathos all’intera vicenda, forse schiacciato dalla responsabilità di mettere in chiaro molti delle fratture ideologiche e religiose insite nei personaggi centrali. Evidenzia con cura la diversità di vedute tra i due fratelli maggiori, Tuvia il più “democratico”, Zus il più reazionario (il quale nonostante si unisca ad una banda partigiana di derivazione bolscevica, si ritrova a scontare sulla sua pelle il pregiudizio antiebarico); mentre non convince nella complessità delle correnti religiosi diverse e gli intellettuali tout-court. Le imperfezioni lo trasformano in un convenzionale film di guerra, invece di essere un innovativo film d’azione “intellettuale”. Positiva resta comunque la mimesi di Daniel Craig, che in ferie da James Bond, si immedesima con bravura nella fragilità di un eroe per disperazione, come lo fu appunto Tuvia Bielski. Un nome che senza questo film sarebbe rimasto nell’anonimato.

Giudizio **1/2

007 cambia pelle ed imbraccia il fucile
Daniel Craig
Storia vera e vissuta di un partigiano ebreo



(Giovedì 22 Gennaio 2009)


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