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L'occhio tagliato del cinema

Cofanetto Bunuel

I tre essenziali lavori di Bunuel distribuiti dalla Raro Video


di Roberto Leggio


Un chien andalou video: 4:3 1.33:1 / audio: dolby digital dual mono / lingue: muto

L’âge d’or video: 4:3 1.33:1 / audio: dolby digital dual mono / lingue: muto

Las Hurdes video: 4:3 1.33:1 / audio: dolby digital dual mono / lingue: francese (originale) / sottotitoli: italiano e inglese

Contenuti Extra:

- un intervento di Franco Battiato
- Dry Martini (Buñuelino Cocktail), cortometraggio di A. Arrieta, 2009
- commento al film di Paolo Bertetto
- una videocosa di Enrico Ghezzi
- contiene un libro bilingue e 2 Dvd


Recensione

L’inizio è folgorante. L’occhio sinistro di una donna viene lacerato da un rasoio. Chi non l’ha presente paghi pegno, perché è forse una delle scene più famose del cinema. Niente di male comunque. Luis Bunuel è stato un avanguardista e quella scena così surreale e così spiazzante è piena di significati simbolici. Siamo nel 1929 e il surrealismo sta facendo i primi passi. Quindi l’occhio lacerato è emblematico nella rivoluzione visiva surrealista, che intende squarciare l’occhio dello spettatore per fargli vedere, anche a costo di grandi sofferenze, tutto quello che non ha mai visto e che forse non ha mai voluto vedere. Ma Bunuel fa di meglio. Mostra e taglia, e probabilmente si cuce addosso il “suo” cinema”. Cioè rende immortale e facilmente riconoscibile lo stile che percorrerà tutta la sua cinematografia. Lo Chein Andalou è un lavoro spartiacque, tra il vecchio cinema e quello nuovo, che porterà grandi innovazioni alla settima arte. Figlio del dadaismo il film è una sequenza di episodi senza senso apparente e racconta i sogni erotici di un uomo verso la sua donna, fino ad essere ucciso dal suo doppio. Il senso è totalmente psicoanalitico, frutto di un sogno fatto da Salvator Dalì (che nel film appare nei panni di un prete), che assieme a Bunuel scrisse il soggetto e la sceneggiatura. Cinema libertario, si potrebbe dire. Certo potente arma di controcultura.


Se Le Chein Andalou è però fondamentalmente un opera pensata da Dalì (ancora non affermatosi come massimo esponente del surrealismo), L’Age D’Or è un film totalmente di Bunuel. Disturbante amalgama di continue invenzioni stilistiche, mette sotto attacco tutte le istituzioni borghesi (che il regista sfotterà per tutta la sua parabola artistica), colpevoli di annichilire l’individuo e la sua natura. Rispetto all’opera precedente segue una narrazione “consequenziale” seppur azzardata, di una storia d'amore ostacolata dalla Chiesa, l’Esercito, lo Stato, il Potere. Bunuel anche qui sfronda la realtà, appesantendola di sottotesti dissacranti e grotteschi, attirandosi le ire delle autorità, che misero alla berlina l’opera tanto che il produttore (Le Vicomte de Noailles) rischiò la scomunica. Non contento, con il terzo lavoro Les Hurdes, Bunuel riflette sulla difficili condizioni di vita di una zona dell’Estremandura, girando forse il primo documentario sociale della storia. Il surrealismo si scontra con il realismo, e naturalmente l’effetto è disorientante. Forse molto più “crudele” di quanto una mente possa immaginare. A ben vedere, forse Bunuel, con le sue invenzioni, con il suo linguaggio in anticipo sui tempi, ha posto i mattoni per il cinema a venire. Verrebbe da pensare che il neorealismo e la nouvelle vague siano nati da lì. E allo stesso tempo potrebbe essere una bestemmia. Nessuno però potrà negare che, questi tre film, riproposti in versione integrale ed questo unico cofanetto, siano un compendio essenziale per capire l’autore spagnolo ed il cinema europeo in generale. Interessanti anche gli extra, tra cui figura un intervento di Franco Battiato, un commento analitico e socioartistico di Paolo Bertelo (docente di filmologia alla Sapienza di Roma) e lo “spiazzante” Dry Martini (Bunuelito Cocktail) cortometraggio di Adorpho Arrieta, commentato da un testo dello stesso Bunuel.



(Giovedì 13 Agosto 2009)


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