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"Los abrazos rotos", Almodovar cinefilo

Gli abbracci spezzati

Una dichiarazione d’amore per il cinema


di Sandro Russo


Un film è tante cose: una storia, delle immagini, degli echi nello spettatore che ne fanno un mito per sempre o il ricordo di una sola scena – ritagliata tra tante – conservata nel proprio personale portfolio dei momenti indimenticabili del cinema.
Un film - il nuovo film – di Pedro Almodovar è tutte queste cose ed anche uno sguardo privilegiato sul mondo che un “mangiatore di cinema” come lui, si porta dentro.

La storia e la costruzione sono insieme semplici e molto elaborate. Entriamo nella vita di uno sceneggiatore cieco, Harry Caine: assistiamo ad una sua conquista estemporanea, conosciamo una donna (Judit) con cui ha un sodalizio di vecchia data, un ragazzo (Diego, il figlio di lei) che lo aiuta nelle incombenze pratiche. Costituiscono a tutti gli effetti ‘una famiglia’, ma di questo solo Judit si rende conto. Vediamo Harry rifiutare con violenza la sceneggiatura per un film che un giovane uomo gli propone in cambio di molti soldi; riceviamo insieme a lui, dal giornale, la notizia della morte di un certo Ernesto Martel, un ricco industriale senza scrupoli. Ed ecco un flash-back su un frammento di vita del magnate e della sua segretaria Lena (Penelope Cruz)
Non capiamo tutto immediatamente, ma capiremo.
È uno dei pregi di Almodovar far dipanare progressivamente la storia sotto gli occhi dello spettatore, fino a che tutto si sistema al posto giusto: un puzzle così confuso all’inizio, quanto perfetto alla fine.


Apprendiamo che Harry Caine è solo uno pseudonimo. Il nome dell’uomo è Mateo Blanco; è stato un fascinoso uomo di cinema e non è stato sempre cieco. Quattordici anni prima, quando era un regista di successo, la sua vita è stata sconvolta da un evento drammatico che l’ha cambiato per sempre (Harry Caine come Hurricane, Uragano?).
La storia per intero comincia a raccontarla lui stesso al giovane Diego - sempre tenuto all’oscuro di tutto dalla madre e dallo stesso Harry-Mateo - che semplicemente gliela chiede in un momento particolare.

Seguiamo così la storia di Lena, bruna bellezza di modesta famiglia e dal passato burrascoso, di cui l’industriale si incapriccia e poi follemente si innamora. È la passione di Lena per il cinema che la porta ad incrociare la strada di Mateo Blanco, il regista che la sceglie per un film - “Ragazze e valigie” - che lo stesso industriale finanzia, chiaramente per non perdere Lena. In cambio impone di mantenere un suo occhio sul set: il figlio Ernesto Martel Jr., un ragazzo timido e pieno di complessi che anela all’approvazione del padre, si occuperà di filmare con la sua cinepresa a mano tutte le fasi della lavorazione. Un film (il making-of) del film nel film!
Tra Lena e Mateo è subito amour fou, violentemente osteggiato dal magnate, tanto che i due devono fuggire su un’isola delle Canarie. Ma anche qui, dove i due amanti vivono i giorni più belli del loro amore, arriva la lunga mano dell’uomo che li contrasta.
Oltre non si può raccontare…


Su questa trama romantica, più da rotocalco che da feuilleton, Almodovar mette in scena alcuni dei suoi temi ricorrenti: la rappresentazione di “famiglie” alternative, il rapporto problematico tra figli e padri, il tema del doppio, la donna forte e segnata dalla fatalità. Addirittura – in uno spezzone di “Ragazze e valigie” - una ironica autocitazione dell’artista da giovane, con le atmosfere eccessive e politicamente scorrette che il Nostro metteva in scena negli anni ’80 soprattutto con Mujeres al borde de un ataque de nervios (1988).

Su tutto un grande amore per il cinema, nei suoi molteplici aspetti.
I personaggi, che a vario titolo lavorano tutti nel/per il cinema, il film nel film (anzi moltiplicato per tre, come avviamo visto); la citazione di diversi generi romantico, comico, drammatico, thriller - comico, che poi si diverte a scompaginare secondo il suo stile; il ricorso ad alcuni topos e strumenti classici del cinema, come per esempio la scena sulle scale, il montaggio in moviola. Come – tra varie altre citazioni cinefile - le immagini dell’uomo e della donna fermati in un eterno abbraccio dalla lava, tra gli scavi di Pompei, riprese da Viaggio in Italia di Rossellini (1954), con Ingrid Bergman e George Saunders.
Fino alla ricomposizione finale, senza odio e recriminazioni; dove anche il “cattivo” del film viene rimosso fuori campo, con un titolo sul giornale, senza infierire. E una esortazione programmatica, soprattutto per se stesso: “Un film, una volta che si è cominciato, bisogna finirlo!


Rispetto ad altri film dello stesso regista, molti (troppi?) dialoghi e spiegazioni; personaggi forse più reali di molti altri suoi, trasgressivi ed estremi; una storia molto elaborata. Ma la stessa felice capacità di dirigere gli attori, la fluidità e la magia delle immagini.

E se qualcuno cita altre opere di film nel film come Effetto Notte di Truffaut o Fellini di 8 e ½, Almodòvar precisa che no, essi non hanno costituito la sua ispirazione; ma è evidente che è stata una analoga passione a muovere la sua fantasia.
Si diceva, uno sconfinato amore per il cinema, una dichiarazione forse esagerata, ma d’altronde un eccesso in cui cadono solo gli innamorati veri, se sono queste le sue parole:
«Sento che è la prima volta che faccio una dichiarazione d’amore così esplicita al cinema: non con una sequenza specifica, ma con tutto un film. Amore al cinema, ai suoi materiali, alle persone che si fanno in quattro sulle luci, agli attori, ai montatori, ai narratori, a quelli che scrivono, agli schermi dove si vedono le immagini che muovono intrighi ed emozioni. Ai film come si facevano nel momento in cui furono fatti. A qualcosa che sebbene dia da vivere, non è solo una professione, ma una passione irrazionale».


Titolo originale: Los Abrazos Rotos (Gli abbracci spezzati)
Drammatico, durata 129 min. Spagna 2008
Sceneggiatura e regia: Pedro Almodóvar
Interpreti: Penelope Cruz, Lluís Homar, Blanca Portillo, Tamar Novas, José Luis Gòmez, Rubén Ochandiano, Àngela Molina, Lola Dueñas, Carmen Machi.
Fotografia: Rodrigo Prieto
Montaggio: José Salcedo
Musiche: Alberto Iglesias
Scenografie: Anton Gómez
Costumi: Sonia Grande
Casa di produzione: El Deseo S.A. Universal
Distribuzione: Warner Bros Italia; uscita in Italia: 13 novembre 2009

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“Perché se quello che scriviamo ha spesso il potere di renderci migliori, ha anche quello di renderci peggiori.”
(“Elizabeth Costello” di J. M. Cotzee, Einaudi 2003)



(Martedì 10 Novembre 2009)


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