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![]() Settanta anni di zanne e artigli Alle radici del mito dell'Uomo Lupo La bestialità dell’uomo in formato cinemascope di Roberto Leggio ![]() La leggenda continua. Ad ululare alla luna piena, in un’Inghilterra alla periferia del 1900, è Benicio Del Toro, che toltosi il baschetto di Che Guevara, si è infilato nella pelle del Lupo. Anzi in quella dell’Uomo Lupo, zanne e artigli compresi nel remake dallo stesso titolo del 1941. Il film fa parte di quella tradizione che la Universal Pictures inaugurò dagli anni ’30 in poi, con una serie di pellicole sui mostri. Dracula, Frankestien, L’uomo Invisibile, e più tardivamente con il Mostro della Laguna. L’Uomo Lupo, nacque sulla scia dei successi che la Universal aveva messo a segno con Dracula con Bela Lugosi e Franknstein con Boris Karloff, decidendo di puntare su un nuovo mostro più ferino ed inquietante. La prima pellicola in assoluto su un licantropo fu Il Segreto del Tibet (Werewolf of London) diretto da Stuart Walker. Questa versione però non ebbe molto successo e il mostro del plenilunio venne momentaneamente accantonato. ![]() La svolta avvenne nel 1941, quando Curt Siodmak, uno scrittore ebreo fuggito dalla Germania nazista, riprese in mano la storia del lupo mannaro, scrivendo la sceneggiatura di quello che divenne una delle pietre miliari del cinema horror, grazie agli effetti visivi (impressionanti per l’epoca) e al formidabile trucco ideato da Jack Pierce. Siodmak, in pratica reinventò il mito del licantropo, immortalandolo nella tragica figura del nobile Lawrence Talbot, interpretato da Lon Cheney Jr. Il film, diretto da George Waggner, fu un successone che diede inizio ad una serie di fortunati (ma spuri) seguiti. Il personaggio di Talbot ha continuato a riapparire in Frankenstein contro l’Uomo Lupo (che per magia dello script entrambi vennero resuscitati per questa avventura); Al Di là del Mistero (nel quale interagiscono contemporaneamente L’Uomo Lupo, Frankestein e Dracula); La Casa degli Orrori e Il Cervello di Frankenstein (esilarante commedia con Gianni e Pinotto). ![]() Con questo film la saga del Licantropo ebbe una battuta d’arresto, in quanto, la vena dei mostri che avevano terrorizzato il pubblico nell’arco di due decenni si era totalmente esaurita. Ad ogni modo la strada era stata tracciata ed era entrata nella leggenda. Val la pena di ricordare che il licantropo è stato decantato, oltre al cinema, in letteratura ed in un migliaio di leggende popolari. La genesi dell’uomo lupo affonda le radici nel mito. E’ antico quasi come la comparsa dell’uomo sulla terra. Dall’antico Egitto alla Grecia classica, ai documenti di Gervase di Tilbury nell’opera “Otia Imperialia” del 1212, il licantropo (o meglio la bestialità innata nell’uomo) ha sempre suscitato fantasie, terrore e mistero. Secondo la leggenda, si tratta di un uomo condannato da una maledizione a trasformarsi in bestia feroce durante il plenilunio. Spesso assume la forma di lupo, ma in determinate culture in orso (in Scandinavia) o in gatto selvatico (nei paesi germanici). Non è un caso che secoli di storie spaventose sui lupi mannari abbiano generato leggende e mitologie tanto diverse, quanto uguali. ![]() Con la narrativa del terrore e soprattutto nella cinematografia horror, sono stati aggiunti degli elementi che invece mancavano nelle tradizioni popolari, come il fatto che l’uomo lupo (e tutte le creature soprannaturali in genere) può essere ucciso solo con un’arma d’argento, oppure che il licantropo trasmetta la propria condizione ad un essere umano dopo averlo morso. La credenza che l’argento sia risolutivo alla maledizione è legata alle proprietà disinfettanti che fin dall’epoca greca sono associate a questo metallo. E’ interessante notare che la famosa pallottola d’argento è una soluzione al quanto recente, nata posteriormente al primo film sull’Uomo Lupo. E qui torniamo al presente cinematografico. Sono infatti settanta anni che la creatura metà uomo e metà lupo continua ad affascinare. Se l’originale, con la battuta “Il suo orribile ululato è un canto funebre”, è diventato immediatamente un classico, con soli settanta minuti di durata era un moster movie piuttosto corto. ![]() Il remake di oggi dura un po’ di più e sebbene sia più violento dell’originale, non ha perso il suo carisma. Aggiorna la tradizione di molti film “licantropi” prodotti negli ultimi cinquanta anni. Chi non si ricorda de Un Lupo Mannaro Americano a Londra di John Landis (che con venature da commedia diede nuova linfa al filone), oppure L’Ululato di Joe Dante, il quale inventò una stirpe di uomini lupo. Da menzionare, solo perché scritto da Stephen King, Unico Indizio la Luna Piena, un film certo non degno di nota, ma abbastanza interessante in quanto la creatura si agita nel corpo di un reverendo. Una digressione alquanto “anormale” che si prende gioco della chiesa cattolica. Oppure Wolf – La belva è fuori, dove il mostro è uno spaesato Jack Nicholson, tycoon dell’editoria. Di metafore sulla bestialità dell’uomo ce ne sono a bizzeffe. Ma alla fine è sempre la fantasia a vincere sulla realtà. Altrimenti non potemmo goderci di molte digressioni come la serie di Underworld (con i Lycans come protagonisti), o gli innamorati Licantropi della saga di Twilight. Ma qui si parla di tutt’altra storia. Di tutt’altri “orrori”….
(Venerdì 19 Febbraio 2010) |
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