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 Rassegna cinematografica a Tarquinia Il Festival della Complessità Dal 16 al 18 luglio alla cinema Etrusco
di Pino Moroni Nella prima edizione del Festival della Complessità, che si terrà a Tarquinia dal 16 al 18 luglio si è inserita anche una rassegna cinematografica chiamata “Cinema e complessità”, curata dal nostro collaboratore Pino Moroni.

Cinema e complessità Quali sono i film riconducibili alle logiche ed alle suggestioni della complessità? Un film è già di per sé un fenomeno complesso, considerando la varietà di espressioni artistiche e tecniche che lo compongono. Una serie di individualità che confluiscono in un sistema complesso e realizzano un prodotto che è altro da loro stessi. Si parte dall’idea che viene ad uno o più individui creativi, che scrivono un soggetto, se non c’è già stata una creazione letteraria. Poi un produttore che, con i suoi collaboratori, procura la parte finanziaria, mette su un casting composto di sceneggiatori e scenografi, registi ed aiuti, esperti di fotografia, tecnici di montaggio, costumisti, maestri di musica e rumoristi, attori ed attrici, ed oggi ogni tipo di specialisti di effetti speciali. Ma poi ci sono addetti alle luci, ai carrelli, a macchine varie, fornitori di servizi fino ad arrivare agli addetti alla stampa, alla pubblicità, alla distribuzione ed agli archivi. Se non è un mondo complesso questo!! Nello specifico però non tutti i film hanno nei loro contenuti un approccio sistemico (studio di complessità naturali, economiche, sociali, esistenziali, principio di indeterminazione, teoria del caos, effetto farfalla ecc.). Alcuni grandi registi hanno applicato o usato, consciamente o inconsciamente, alcune teorie della scienza della complessità. A cominciare dal grande Kubrick (Barry Lyndon, Stranamore, ecc.), poi Kieslowski (Decalogo, Tre colori ecc.), ed ancora Kurosawa (Rashmoon, Sogni, ecc.), Woody Allen (Match point, Basta che funzioni, ecc.). Nella lista entrano di sicuro i fratelli Coen (Non è un paese per vecchi, A serious man, ecc.), ma anche Al Gore (Una scomoda verità), e lo spagnolo Inarritu (Babel). Questa è una prima superficiale enumerazione, ma una volta scoperti meglio i principi fondamentali di questa scienza, si noterà che molti altri registi hanno adottato -anche solo per poco- queste teorie, perché il cinema è il mezzo più adatto per cogliere quello che questo mondo sta attraversando: una fase di grande complessità.

A serious man (2009)
Regia: Ethan e Joel Coen Soggetto: Joel e Ethan Coen Sceneggiatura: Joel e Ethan Coen Fotografia: Roger Deakins Montaggio: Ethan e Joel Coen Scenografia: Jess Gouchon Interpreti: Michael Stuhlbarg, Richard King Paese: USA Produzione: Tim Boran, Ethan e Joel Coen
Nella cinematografia dei fratelli Coen (Joel ed Ethan) la filosofia che regola le loro storie è quella basata sul “principio dell’indeterminazione”. Già molto evidente in “Non è un paese per vecchi”, in cui tutte le regole vengono disattese ed il caso fortuito ha una forte valenza nella vita quotidiana, con “A serious man” i fratelli Coen fanno scrivere allo stesso protagonista, un professore ebreo di fisica, la formula di Heisenberg, lo scienziato che ha codificato il principio. La scena è impressiva: una enorme lavagna piena di numeri con il professore che sta terminando a scrivere e si rivolge agli studenti ed al pubblico disattenti per sollecitarne l’attenzione. Ma ai fratelli Coen di detto principio interessa poi solo una sua applicazione umana, antropologica. La imprevedibilità della vita, regolata dalla teoria del caso, porta l’uomo a non poter prevedere gli eventi in anticipo, in un tempo utile, e quindi ad evolversi nel sistema umanità solo entro un certo spazio definito. Il professore ha una famiglia normale composta da moglie, due figli ed un fratello scapolo. Insegna e sta per diventare di ruolo. Abita in una bella casetta americana con giardino e vicina provocante. Segue pedantemente le tradizioni della sua razza, consultando i rabbini. Ed ecco che il caso spariglia le carte: la moglie, innamorata di un altro, vuole divorziare ed il professore, con suo fratello, deve trasferirsi in un Motel. A scuola riceve lettere anonime che lo screditano. Uno studente coreano cerca di corromperlo per farsi promuovere e poi lo ricatta. Il vicino gli ruba parte del prato. Il fratello si fa arrestare per gioco d’azzardo. Sfascia la macchina. Si indebita per pagare avvocati, assicurazioni e club ai quali il figlio degenere si iscrive. I grandi rabbini che dovrebbero dargli conforto, lo confondono con le loro criptiche ed insulse storie. Ed ecco che di nuovo il principio dell’indeterminazione viene a cambiare il corso della sua vita. L’amante di sua moglie muore ed in occasione dell’ingresso del figlio nella comunità ebraica ritrova la sua compagna. Viene incaricato di ruolo. Intasca i soldi della corruzione dello studente coreano (che promuove) e paga i debiti. Sembra tutto finito con un happy end ma il principio del caso cieco ed oscuro travolgerà l’uomo e tutti gli altri, parenti, amici, concittadini e…chissà chi. Il film rappresenta veramente lo scardinamento di tutte le certezze umane (principio dell’incertezza) e degli apriori fideistici concessi da Dio ad ogni singolo o gruppo religioso, con il caso fortuito che fa saltare la nostra programmazione o la nostra routine. E’la negazione implicita della credenza umana di poter sempre esercitare la propria volontà nel fare il bene od il male proprio o del prossimo.

Babel (2009)
Regia: Alejandro Gonzales Inarritu Soggetto: Guillermo Arriaga Sceneggiatura: Guillermo Arriaga Fotografia: Rodrigo Prieto Montaggio: Douglas Crise, Stephen Mirrione Musiche: Gustavo Santapaola Scenografia: Guillermo Arriaga Interpreti: Brad Pitt, Cate Blanchett Paese: USA/Messico/Giappone Produzione: Paramount Vantage
Il film “Babel” di Alejandro Gonzales Inarritu racconta quattro realtà diverse e apparentemente distanti tra loro (una famiglia marocchina,una coppia americana, una badante messicana e due bambini e padre e figlia giapponesi) che si troveranno unite nel filo dell’esistenza tracciata dal caso e dalla stupidità umana. Forse sarebbe meglio dire che la superficialità scatena il caos, motore di un mondo in cui poi la sofferenza, il dolore e la solitudine sono gli elementi unificanti della diversità etnica e geografica dei vari personaggi. La torre di Babele è per Inarritu la metafora di una confusione di vita seminata dall’uomo in tutta la terra, sia nella parte occidentalizzata che in quella ancora in via di sviluppo. E’ l’effetto trascinamento degli eventi, in un pianeta ormai piccolo, che porta una serie di cause ed effetti a ripercuotersi da un continente all’altro. Un “Effetto farfalla” moltiplicato rimbalza nel pianeta. Ciò che si muove in un continente porta conseguenze anche disastrose negli altri. Se da un punto di vista matematico, in molti sistemi, le soluzioni ad equazioni utilizzano funzioni esponenziali e quindi anche una modesta variazione dei dati si ripercuote sulla soluzione con andamento esponenziale. Il concetto di indeterminismo trova qui estensione antropologica nel concetto di libero arbitrio. A differenza del mondo antico la libertà individuale umana è ‘condizionata’ come possibilità di scelta d’azione degli individui con forti limiti imposti dal contesto e dalla moltiplicazione degli effetti. Il giapponese lascia il fucile al marocchino, il cui figlio ferisce l’americana, mentre i figli di questa si perdono nel deserto con il nipote della tata e la figlia del giapponese, che cerca la liberazione sessuale, ritrova il genitore ormai disarmato. Il film (premio Oscar e migliore regia a Cannes), a differenza di quelli ad episodi, raccoglie una concatenazione di eventi che fanno ricadere conseguenze su ogni storia. Per cui si può analizzare anche, oltre che da un punto di vista squisitamente cinematografico anche da un punto di vista filosofico antropologico attraverso le lenti di una globalizzazione esistenziale oltre che economico sociale. Questo film è una grande occasione per capire quanto il nostro libero arbitrio sempre più identificato come piena libertà dalle regole sia messo radicalmente fuori causa da un oscuro panteismo ontologico, con la scoperta dell’importanza del fattore causalità nel divenire della materia, del mondo e della vita umana.

Basta che funzioni (2009)
Regia: Woody Allen Soggetto: Woody Allen Sceneggiatura: Woody Allen Fotografia: Harris Savides Montaggio: Alisa Lepselter Scenografia: Santo Loquasto Interpreti: Larry David, Evan Rachel Wood Paese: USA Produzione: Letty Aronson, Stephen Tenenbaum
“Basta che funzioni” è un film del 2009 di un ritrovato Woody Allen in una ritrovata città natale, New York. E’ un film che rappresenta il periodo d’oro di “Io ed Annie” e “Manhattan”, scritto da Allen appunto negli anni ’70 e lasciato nel cassetto per 30 anni. L’alter ego di Woody Allen è stavolta il bravo Larry David, star di serie televisive, che non fa rimpiangere lo stesso autore interprete. L’anziano Boris, già fisico di fama internazionale, dopo un tentativo di suicidio ed il divorzio, vive da solo ipocondriaco e misogino, isolato da tutti quelli da lui ritenuti non al suo livello intellettuale. Fa continuamente degli sproloqui adolescenziali e non vuole essere simpatico a nessuno. Insegna a giocare a scacchi a giovanissimi incompetenti, gironzola a Wall Street irridendo la finanza e parla da solo o, come Allen in altri film, con il pubblico. Ma una sera trova in strada Melody una giovane vagabonda affamata e la accoglie in casa. Una scemetta del Mississipi che non sopravviverebbe mai a New York. Per la ingenua Melody il trattamento burbero di Boris rimane simpatico e lo stesso Boris comincia ad ascoltare le scemenze di Melody. “Attraverso una astronomica concatenazione di circostanze le nostre strade di fuggiaschi si sono incontrate” dice Boris e la sposa. Melody è allegra e le fa da badante. E passa un anno non peggiore dei precedenti a detta del fisico Boris. In fondo il professore era sempre con gli amici a criticare una società ottusa senza far mai una autocritica. Il rapporto con una teen lo porta a dover cambiare la sua vita solitaria, ormai sclerotica, in un sistema più complesso in cui entrano, anche se banali, nuove idee e comportamenti. Quando meno te lo aspetti il caso bussa alla porta. E’ la madre di Melody, una rigida aborigena provinciale. Ma la città, che offre maggiori possibilità, le fa cambiare vita. Comincia a fare con successo le prime esperienze sessuali ed artistiche. Intanto spinge Melody tra le braccia di un ragazzo “più adatto” alla sua età. E qui Woody Allen con molta leggerezza e superficialità si diverte con il “principio dell’incertezza” con “l’entropia” e “la teoria dell’universo che si esaurisce”. Woody Allen, che già con “Match point” (2005) aveva visitato la “teoria del caso fortuito” fa concludere il film al suo alter ego, con la considerazione che non è l’ingegno umano che regola l’universo ma l’impensabile pazzesco “ caso”. Boris nel suicidarsi di nuovo per i sopravvenuti cambiamenti, cade sulla donna della sua vita. Gli altri, travolti da un effetto domino, trovano in altri contesti la loro strada. Ma come è nelle corde di Woody Allen, mentre tutti sono travolti da insoliti destini, segnati ma non capiti, Boris-Woody è l’unico ad abbracciare, la serie di eventi che regolano la vita (ed il film), in una visione d’insieme. E come non potrebbe, lui che è anche il regista?

Si può fare (2008)
Regia: Giulio Manfredonia Soggetto: Fabio Bonifacci Sceneggiatura: Fabio Bonifacci, Giulio Manfredonia Fotografia: Roberto Forza Montaggio: Cecilia Zanuso Musiche: Pivio e Aldo De Scalzi Scenografia: Marco Belluzzi Interpreti: Claudio Bisio, Anita Caprioli Paese: Italia Produzione: Rizzoli Film
“Si può fare” è un film di Giulio Manfredonia sui contesti ospedalieri dei manicomi. Forse non si aspettava che un film così difficile e così particolare avesse un successo così duraturo e di cui ancora si discute. E’ la storia di pazienti dimessi dai manicomi in seguito alla legge Basaglia, che costituiscono le cooperative sociali. E’ il migliore esempio del noto “effetto farfalla”che partendo da un battito d’ali arriva a provocare uragani. L’applicazione pratica del principio è che dal cambiamento del contesto lineare medici-malati dei manicomi si è giunti a 2500 cooperative sociali sul territorio. Il passaggio da un sistema ricorsivo ad un sistema complesso ha portato a creare comportamenti diversi, fatti di grandi cambiamenti e risultati. La storia è quella di un sindacalista Nello (Claudio Bisio) che viene trasferito a Milano alla cooperativa 180 per accogliere appunto i dimessi dai manicomi. Il miracolo è che questi soggetti proprio perché diversi sono anche molto creativi. E riusciranno dopo molte incomprensioni e delusioni, insieme al loro amico e maestro Nello, ad ottenere molti appalti nel lavoro di posa di parquet artistici. Il film è l’esempio più adatto per condannare la programmazione stringente, le regole fisse, l’uso dei medicinali per soffocare istinti. Mentre alimenta la speranza della vittoria delle idee in un mondo più incerto, più complesso, ma più umano e più libero. Il film mostra che più è grande la quantità di relazioni, più ci si distacca dalla linearità, rischiando anche la paura e l’ansia, più tale complessità produce risultati di tipo esponenziale. Film anche tragico che arriva, nella storia di Gigio (un dimesso) e Caterina (una ragazza borghese) al suicidio del ragazzo sentitosi definire “poveraccio”. Ma molto consolatorio per chi si auspica che la felicità non si raggiunge dentro gli schemi ed i contesti ma nelle libertà delle proprie idee, in un mondo di sistemi complessi di cui l’uomo è il primo esempio.

Sliding doors (1998)
Regia: Peter Howitt Soggetto: Peter Howitt Sceneggiatura: Peter Howitt Fotografia: Remi Adefarasin Montaggio: John Smith Musiche: David Hirschfelder Scenografia: Maria Djurkovic Interpreti : Gwyneth Paltrow, John Hannah Paese: USA/Gran Bretagna Produzione: Helen Booth, Sidney Pollack
Il film “Sliding doors”di Peter Howitt prende spunto da un’idea del regista polacco Krzysztof Kieslowski che aveva trattato il tema del “caso fortuito” nel suo film “Destino cieco”, ma che ne aveva fatto poi il motivo conduttore dei tre film sui colori “Film blu”, “Film bianco” e “Film rosso”. In quest’ultimo con una lunga scena iniziale, che segue un intreccio di fili telefonici da una nazione all’altra, Kieslowski ha voluto anche evidenziare, usando le telecomunicazioni, il sistema complesso che regola i rapporti umani. Il film attraverso l’espediente tecnico della chiusura delle porte di una metropolitana, divide la vita di una giovane donna in due dimensioni parallele e differenti. Se la giovane (interpretata dal premio Oscar Gwyneth Paltrow) riesce a prendere la metro troverà il fidanzato a letto con la sua ex e si rifarà una vita migliore con un uomo conosciuto in metro. Se perde la metro e subisce una aggressione rincaserà più tardi trovando il suo uomo solo e condurrà una vita di sacrifici e di tradimenti. E’ il cosiddetto “Effetto farfalla”, nato nel 1952 da un racconto di Ray Bradbury, una locuzione che racchiude la nozione di dipendenza sensibile alle condizioni iniziali, presente nella “teoria del caos”. Nel racconto di Bradbury si immagina che nel futuro, durante un safari temporale organizzato con la macchina del tempo, un turista calpesti per errore un insetto e questo provochi una catena di conseguenze per la storia umana. In fondo una singola azione od una inazione può determinare imprevedibilmente il futuro. Edward Lorenz, che esaminò bene il fenomeno, nel 1972 intitolò una conferenza “Può il battito d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?”. Per il principio di indeterminazione è impossibile conoscere con la stessa precisione posizione e quantità di moto di una data particella. Questa imprevedibilità si riflette sulla indeterminabilità del cosmo. Se si vive in un sistema complesso in cui ogni elemento subisce continue modifiche è molto difficile prevedere uno stato futuro. Per il film “Sliding doors” le modifiche imprevedibili di una vita diventano positive: la giovane donna scoprirà un uomo migliore e nuove capacità di carriera, mentre nel vecchio sistema di vita più ricorsivo si manifesta solo negatività. Ma chi può dire se in futuro tutto non venga ribaltato? Nell’ultima scena di “Camera con vista” (1986) di James Ivory, la interprete, che ha finalmente impalmato il suo bel fidanzato, è infastidita dalle sue avances amorose, mentre legge con piacere la lettera di un ex fidanzato troppo intellettuale. E’ la bravura del regista a non concludere il film con una soluzione lineare, ma lasciar vedere una porta che potrebbe riaprirsi. Il film “Sliding doors” è una piacevole commedia con ottimi attori brillanti, ma attenzione contiene anche un approfondimento della “teoria del caso fortuito” che regola la nostra vita: “un movimento di molecole che partono da un semplice soffio e vanno a generare uragani”.

Una scomoda verità (2006)
Regia: Davis Guggenheim Ideato: Al Gore Fotografia: Davis Guggenheim, Bob Richman Montaggio: Jay Cassidy, Dan Swietlik Musiche: Michael Brook Interpreti: Al Gore Paese: USA Produzione: Paramount Pictures
“Una scomoda verità”, film documentario di Davis Guggenheim ideato dal protagonista, l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore, è un film che ribalta l’ottimismo economico del concetto di globalizzazione con una precisa informazione sui rischi del riscaldamento globale. Gore, supportato dai dati e dalle previsioni degli scienziati, illustra le implicazioni politiche ed economiche delle conseguenze del riscaldamento del pianeta e della catastrofe se non si riuscirà a ridurre le emissioni di gas serra. Le basi scientifiche su cui lo studio e la presentazione di Gore si fondano – cioè il riscaldamento globale è un fenomeno reale e grave e dovuto in massima parte alle attività umane – sono confermate dalla ritirata dei ghiacci, dalle variazioni di temperatura e dai livelli di CO2 (eventi che nessuno può negare). Viviamo ormai la vita quotidiana in un sistema dinamico con comportamento caotico. Una caratteristica peculiare di un sistema caotico è l’apparente non prevedibilità delle traiettorie del sistema, dovuta alla forte sensibilità rispetto alle condizioni iniziali (Effetto farfalla). Quindi un piccolo errore dello stato del sistema può provocare un errore anche grande nelle previsioni a medio e lungo termine. Una azione errata in un sistema caotico come quello che si incontra in meteorologia, climatologia ed ecologia può provocare effetti oggi impensabili. I sistemi complessi come il clima od il mercato azionario sono difficili da prevedere e le previsioni subiscono errori di approssimazione che tendono sempre più ad aumentare. La verità invece è negata e nascosta da quei media pilotati dalle lobbies e dalla politica che insinuano continuamente dubbi sulla fondatezza scientifica dell’emergenza del riscaldamento globale. Film interessantissimo che critica l’assioma che lo sviluppo economico è solo collegato al benessere della popolazione, mentre ci si avvia ad un epoca dove le frenetica crescita economica di sistemi interrelati sta portando ad una scarsità di risorse pro capite ( a cominciare dall’aria pulita, all’acqua, alle materie prime). E’ questo il film, più di ogni altro che tocca la “teoria della complessità” non solo tecnologica o filosofica ma come sistema di organismi viventi. Le leggi che regolano le particelle elementari, solo studio di scienziati, debbono essere studiate e divulgate in termini giornalistici, culturali e di costume. Come dice Al Gore, al termine del suo accorato appello in difesa della natura, è necessario che questo film sia divulgato il più possibile, visto e capito da molta parte dell’umanità. In 40 anni siamo passati al doppio della popolazione mondiale e con l’economia aumentata in modo esponenziale, senza aver capito le ripercussioni di tutto ciò sul pianeta. Il primo postulato della teoria della complessità è che tutti i singoli, facendo parte dell’insieme, possano contribuire ad un risultato con la messa in atto di piccole abitudini virtuose.
(Giovedì 1 Luglio 2010)
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