Lei (Naomi Watts) è una brava madre di famiglia. Lui (Sean Penn) un ex ambasciatore in Medio Oriente. Lei è una spia del governo americano che porta avanti il programma di monitoraggio per le armi di distruzione di massa. Lui, l’ultimo ambasciatore americano ad aver avuto un vis-a-vis con Saddam, viene mandato (in incognito) a cercare di capire se una quantità di uranio sia stata veduta dal Niger all’Iraq. Lei scopre che non ci sono certezze che Saddam Hussein abbia effettivamente portato a termine armi atomiche. Lui conferma che le “bombe” non esistano affatto in territorio iracheno e che la prossima guerra americana è inutile. A lei, per ritorsione, l’amministrazione Bush fa saltare la copertura mettendo sotto gli occhi di tutti la sua vera attività spionistica. Lui, dopo un articolo nel quale svela il “marcio a Washington”, inizia una lotta legale per riabilitare la moglie e se stesso.

Lei (Naomi Watts) è Valerie Plame vera spia della Cia che ci rimise la faccia e la reputazione durante i giorni della guerra in Iraq, e che mise nero su bianco la sua vicenda umana in un libro nel quale descrisse come la Casa Bianca imbrogliò l’opinione pubblica mettendo a tacere la certezze dell’Intelligence sull’assenza delle armi di distruzione di massa in Iraq. Lui è Doug Liman, il regista di The Bourne Identity, che qui rinuncia all’azione per un thriller di resistenza civile, molto dialogato (dove la tensione ed il ritmo non mancano) ma affilato come una spada. Nel quale vengono evidenziate le storture di un sistema guerrafondaio, che nella guerra vede l’esemplificazione della democrazia; ma anche come la dimensione di una vicenda privata diventi l’amplificazione, attraverso una colossale bugia, di un “problema” nazionale.

Giudizio **1/2

(Martedì 26 Ottobre 2010)

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