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Clastrofobico horror della mente

The Ward

John Carpenter è vivo, vegeto e mette ancora paura


di Roberto Leggio


Chi di horror ferisce… di horror rinasce. John Carpenter, il mago di film di genere a basso costo e con tanta inventiva torna al cinema dopo dieci anni e in qualche modo fa di nuovo centro. Sarà perché questo film arriva a posteriori di molti (e bruttissimi) remake dei suoi più famosi capolavori (Halloween, Fog e presto una nuova “Cosa”), con la stessa calligrafia e lo stesso spirito di trent’anni fa. Cioè creare la tensione partendo dalle inquadrature e particolari che incanalano lo spettatore in verità fallaci. Siamo negli anni '60 all'interno di un ospedale psichiatrico dove una giovane piromane è ricoverata con altre quattro ragazze “malate di mente”. Di giorno tutto è luminoso, pulito, quasi asettico; di notte invece “qualcosa” agita i bui corridoi “uccidendo” ad una ad una le sue compagne di “delirio”. “Cos'è”? Ma soprattutto “Chi è?” La risposta è nel finale a sorpresa (neanche tanto)... ma che paura. Si, perché il senso di paranoia e di terrore prende alla gola dalla prima all'ultima inquadratura, merito di una grandissima e innegabile regia.


Carpenter, che di questo film si limita solo a dirigere, rende fede alla sua capacità di catapultarci in un “horronirico” thriller, trattando la materia con innegabile maestria. Peccato però, che la sceneggiatura si avvalga di snodi narrativi usati ed abusati di facile decifrazione. I puristi riconosceranno rimandi ad altre opere dell'ultimo decennio (Session 9, Fragile, Shutter Island e volendo ancora più in la con Suspiria), opzione che farà storcere il naso. Ma poco male. Carpenter, nell'ulizzare una serie di luoghi comuni al genere, li mescola e li approfondisce mettendo in scena un prodotto mai identico ad un altro. Così il vecchio leone, dopo un forzato isolamento, continua ad insegnare a fare cinema. Quello vero. Quello ancora capace di mettere i brividi.

Giudizio **1/2



(Venerdì 1 Aprile 2011)


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