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Habemus Papam

I diritti dei non credenti

Il dibattito sul recente film di Nanni Moretti


di Piero Nussio


Non è la prima volta che Nanni Moretti interpreta uno psichiatra: l’aveva già fatto ne La stanza del figlio (2001), ma lì l’atmosfera e la tensione drammatica erano molto più cupe che in Habemus Papam (2011).

Non è la prima volta, nemmeno, che Nanni Moretti costruisce un suo film intorno ai problemi di un religioso: l’aveva fatto con il sacerdote protagonista de La messa è finita (1985), ma anche in quel film la delusione e l’amarezza che riempivano il racconto sono di molti livelli superiori alla rassegnata inconcludenza dei personaggi di Habemus Papam.


Eppure, si direbbe, il “tiro si è alzato”, se da un povero prete di periferia siamo arrivati addirittura al Papa ed a tutto un Conclave, e se da un generico psichiatra si è giunti ad un famoso professore. “Il più bravo di tutti” “Dicono tutti così, è la mia condanna”.
Invece –a mio parere- il tiro di Nanni Moretti si è alzato solo per farsi più generale e ampio, ma nell’aprirsi si è anche disteso e rabbonito.

Nanni Moretti è famoso –al cinema- per i suoi scatti d’ira e le sue invettive (“Ve lo meritate Alberto Sordi!”, ”Continuiamo così, facciamoci del male!”), non certo per l’umana comprensione né per il dubbio filosofico.
Un personaggio dei suoi più emblematici era il “serial killer” protagonista di Bianca (1984), che uccideva per motivi essenzialmente estetici e che non poteva sopportare la sciatteria del mondo.

Immaginato così, come figurina bidimensionale col cliché dell’arrabbiato, specie dopo i trascorsi “pseudo-politici” di interventi in piazza contro Berlusconi, a fare un film sull’elezione di un Papa riluttante, verrebbe da dar ragione a quei cattolici integralisti che hanno chiesto ai correligionari di disertare le sale e boicottare il film.
E interpretando ancora per un minuto la parte del Moretti “savonarola” verrebbe da dire loro «Meglio, non ve lo meritate un film così!». Ma Nanni Moretti, che non è mai stato il personaggio stereotipato che interpretava nei suoi film, e non è più quel “regista arrabbiato” di cui aveva fatto l’auto-caricatura in Sogni d’oro (1981), è sbocciato da crisalide a farfalla recuperando tutti i motivi del dubbio e della riflessione costruttiva.


Così come Clint Eastwood non è più Dirty Harry o il Solitario senza nome, ma ha acquisito tutta una sere di sfumature che gli consentono di interpretare un burbero ex-razzista che sa morire per una comunità di asiatici (Gran Torino, 2008), Nanni Moretti per fortuna non è più il querulo Michele Apicella, che aveva una risposta su tutto e su tutti, e può permettersi di affrontare temi universali.

L’ha fatto Clint Eastwood con Hereafter (2010) raccontando una storia di vite dopo la morte –e procurandosi molte critiche malevoli-, l’ha fatto Nanni Moretti con Habemus papam (2011) andando a scherzare con i cardinali e procurandosi anche lui un po’ di critiche malevoli.
«Passeranno anche queste…» voglio sperare che lui pensi. E d'altronde non poteva non sapere che andando a scegliere (a Roma, non a Carmel come Eastwood) un tema così sensibile, era logico e naturale che un po’ di polemica gli cadesse addosso.
Non credo nemmeno che se la sia cercata per farsi pubblicità (sempre da romano, non può non avere orrore per i ragionamenti andreottiani. Era “savonarola”, accidenti, mica “machiavelli”).


Io sono convinto della buona fede di Clint Eastwood e di Nanni Moretti: si può, si deve parlare, anche di quello che non saremmo titolati a dire.
Si può, si deve parlare di morale, di etica, di filosofia e di religione anche se siamo stati tutta la vita contro i valori sociali oppressivi.
Si può parlare di religione anche se siamo non credenti.

Non dobbiamo lasciare il discorso ai bacchettoni, agli integralisti, ai retrogradi, ai “guerrieri di Dio”.
«Sono ateo, grazie a Dio» soleva dire il grande Luis Buñuel, ed erano vere e sincere entrambe le parti della sua frase. Era ateo, e ringraziava Dio di aiutarlo ad esserlo.
«Non possiamo non dirci cristiani» argomentava in maniera più piana il filosofo Benedetto Croce, perché tutto il clima culturale e morale di cui siamo avvolti è permeato da duemila anni di cristianesimo.
E se queste sono le “radici cristiane” che si volevano mettere nella Costituzione europea, nessuno le metterà mai in dubbio.
Ma a un patto: che anche i non credenti, quelli che si sentono estranei a tutte le regole e i riti costruiti nei duemila anni, abbiano comunque diritto a partecipare al dibattito, ad entrare in argomento e ad essere ascoltati.

Molto più dei falsi credenti teorici del “bunga bunga”, molto più di una gerarchia sclerotica che ancora discrimina le donne -forse pure i negri- e vorrebbe continuare a salmodiare in latino.


Clint Easwood si è preso il diritto di parlare dell’aldilà senza farsi condizionare da sette, religioni o sciamani. Nanni Moretti si è messo a parlare di un non-Papa, e gli è venuto molto più vero e credibile di quello vero.
Forse, entrambi, hanno qualcosa da proporci. E su cui discutere.


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(Lunedì 18 Aprile 2011)


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