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Superba prova di regia e recitazione

Carnege

Roman Polanski svela la vera natura umana


di Oriana Maerini


Forte, divertente ed amaro. Carnege, il bellissimo film di Roman Polanski , dopo essere stato acclamato dalla critica al festival di Venezia, arriva nelle sale per scuoterci dal torpore del perbenismo e farci fare i conti con la nostra vera natura. Tratta dal celebre spettacolo teatrale “Il Dio della carneficina” scritto da Yasmina Reza (che è anche co-sceneggiatrice del film insieme a Polanski) la pellicola racconta l'incontro-scontro di due coppie coppie borghesi di Brooklyn (una autoritaria, l'altra liberale) che discutono su una bagarre accaduta fra i loro figli undicenni e finita con il ferimento di uno dei due ragazzi. L'impianto è teatrale e caustrofico (79 minuti tutti girati in un appartamento) ma il gioco al massacro di Carnege ti inchioda alla poltrona e non suscita nessuna noia. Il regista usa in modo sapiente la macchina da presa sfruttando diverse inquadrature e giochi di montaggio per seguire l'escalation della violenza fra i quattro protagonisti.



Il ritmo narrativo così non perde colpi ed il film suscita crescente ilarità e coinvolgimento emotivo. A poco a poco le maschere dell'ipocrisia e del savoir faire cadono lasciando i personaggi nudi con i loro istinti animaleschi. Così la «violenza» attribuita ai figli si impossessa dei genitori mostrando cosa si cela dietro la barriera del conformismo: la civile e moderata Jodie Foster che vuole la pace ed il bene della collettività si trasforma in una crudele accusatrice del marito (John C. Reilly). La stucchevole e quasi timida Kate Winslet vomita fisicamente e verbalmente contro la coppia avversaria e ricopre di ridicolo il consorte. A tratti gli uomini creano un'alleanza fra di loro per stigmatizzare l'ipocrisia della vita matrimoniale e del ruolo genitoriale. Anche se l'empatia e la sincronicità nella recitazione dei quattro magnifici attori è perfetta fra tutti emerge, però, la figura interpretata da Christoph Waltz mirabile ritratto di cinico avvocato, perennemente con il cellulare in mano, che copre le nefandezze di una multinazionale farmaceutica. Non a caso la battuta chiave del film ("Siamo nei tempi del Dio della carneficina che governa senza rivali) è sua. Molti hanno interpretato il film come una rivalsa di Polanski verso la società americana che l'ha esilato ma il regista de Rosemary's babe ama il tema. Aveva già mostrato, anche se in un luce molto diversa, il massacro fra coppie in Luna di Fiele. E' un vero peccato che la mostra veneziana non abbia assegnato nessun premio a questo capolavoro di teatro nel cinema. Un incastro di ritmo, recitazione e sceneggiatura che solo un maestro avvrebbe saputo realizzare.

giudizio: *** 1/2



(Giovedì 15 Settembre 2011)


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