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Peter Jackson torna nella Terra di Mezzo

Lo Hobbit

Dopo l'epica del Signore degli Anelli il prequel non convince


di Roberto Leggio


Bilbo Baggins è un tranquillo hobbit che vive placidamente nel suo “buco” a Hobbitville. Un giorno riceve la visita del mago Gandalf che lo avvisa che dovrà unirsi a 13 Nani capeggiati dal leggendario Thorin Scudodiquercia che vuole riportare il suo popolo nel Regno di Erebor, governato dal Drago Smaug. La meta è la Montagna Solitaria, ma prima di arrivarci dovranno attraversare terre piene di pericoli e avventure, in una fiaba dark che culminerà nel tunnel dei Goblin, dove Bilbo priverà Gollum del suo “tesssoro”, l’anello degli anelli cambiandogli la vita per sempre.



Tenendo fede ad un patto sottoscritto con i milioni di fans che di Tolkien (e dei suoi romanzi) sanno tutto, Peter Jackson, dopo la trilogia del Signore degli Anelli, ha deciso di andare alla radici del mito. Dirigere cioè l’antefatto, o meglio, il romanzo dal quale tutta la cosmogonia tolkeniana ha preso corpo. Lo Hobbit è il fulcro di quello che si svilupperà in futuro e per renderlo appetibile ne ha tratto un film che dire calligrafico è poco. Le 350 pagine del libro sono diventate una trilogia (?) di cui Un Viaggio inaspettato è solo l’inizio. L’operazione meramente commerciale (perché di questo si sta parlando) piacerà essenzialmente ai fans sfegatati di tutta la saga, un po’ meno a chi il fantasy tolkeniano lo mastica a fatica. Così ci sarà chi nei primi estenuanti cinquanta minuti si assopirà nell’assistere alla cena di presentazione, in cui i nani invitati da Gandalf il mago, spiegheranno, anche con una canzone, la loro missione di riconquista del regno ad un infastidito Bilbo Baggins, l’hobbit protagonista della vicenda. Il resto è avventura ridondante dove i Nani, Galdalf e Bilbo si troveranno ad affrontare Troll, Orchi, Wargs e uno spietatissimo Orco bianco sfregiato con un ramo al posto di un braccio. Senza contare l’incontro tra Bilbo e Gollum, dove a colpi di indovinelli l’hobbit si aggiudicherà l’Unico Anello, quello del quale sessanta anni dopo determinerà il futuro della Terra di Mezzo. In questa maniera tutto è spiegato e raccontato alla perfezione, ma in questo modo l’epica della trilogia precedente (anch’essa in certi punti spossante) viene meno, in quanto il coinvolgimento ed il ritmo latita. La colpa è essenzialmente per la alte ambizioni del regista neozelandese che ricercando un miglior coinvolgimento, ha girato il film in 3D HFR a 48 fotogrammi al secondo (il doppio del normale) che da alla pellicola una incredibile profondità di campo e definizione nei dettagli da rendere la visione così iperealistica da sembrare falsa. Niente da togliere alla tecnologia prossima ventura, ma se Jackson fosse rimasto più fedele all’ironia del libro (in fondo era nato per un pubblico di piccoli lettori), il risultato sarebbe stato più accattivante e meno lezioso e prolisso.

Giudizio: **




(Giovedì 13 Dicembre 2012)


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