 Film folle e virtuosista firmato dai fratelli Wachowski e Tykwer Cloud Atlas Kolossal ambizioso che fa sognare o indispettire
di Roberto Leggio Può un semplice gesto di gentilezza od un crimine, ripercuotersi nel tempo e nello spazio e diventare metafora della parabola umana? Può una scelta di oggi essere l’essenza dell’evoluzione della specie? Questi quesiti sono la base del film monstre dei fratelli Wachonwsky (Lana e Paul) e di Tom Tykwer, che racconta di una serie di personaggi distribuiti in cinque secoli, ognuno in de-evoluzione o in evoluzione dell’altro. Un avvocato di metà ottocento parte per un viaggio nei mari del sud dove scopre le nefandezze della schiavitù ed in futuro si adopererà alla sua lotta. Negli anni trenta del novecento un musicista omosessuale trova lavoro come copista da un famosissimo compositore che lo ricatterà fino a fargli commettere un “evento” epocale. Nella metà degli anni ’70 una prodiga giornalista cerca di svelare un complotto per la realizzazione di una centrale nucleare, mentre ai giorni nostri un anziano editore (baciato da una inimmaginabile fortuna) viene internato dal suo livoroso fratello in un ospizio prigione dal quale cercherà di scappare. Nella Seoul del XXII secolo, un clone cameriera si unisce ai ribelli nella lotta alla dispotica dittatura che fa dei corpi umani cibo per le classi più potenti. In un non bel definito futuro prossimo, un allevatore di capre si scopre eroe aiutando (ed innamorandosi) di un membro di una comunità tecnologicamente avanzata.

Costruito su un’architettura a scatole cinesi (salti temporali con o senza senso di continuità), il film, tratto dall'omonimo romanzo di David Mitchell è un oggetto misterioso che va manipolato con garbo. Le sei storie che si intrecciano, si allungano, si accorciano nell’arco di cinque secoli (un po’ come accadeva in The Fountain di Darren Aronofsky), diventano volano della storia umana, la quale è sempre alla ricerca di risposte. Qui purtroppo non ci sono (o almeno non sono così palesi), ma il film rimarca che le vita umana; tutte le vite; sono interconnesse tra loro in un “effetto farfalla” (un battito d’ali a Pechino porta la pioggia a New York) che si perpetua nel tempo, cambiando prospettiva, senso e magari alimentando nuove “possibilità”. Il flusso del karma, verrebbe da pensare; anche perché secondo un discorso pantafilosofico, ogni personaggio di uno segmento della storia, porta dentro di se un pezzo della sua vita precedente. Come nel romanzo la linea di congiunzione con i secoli e i “corpi” che li vivono è riposta in una voglia a forma di cometa, segno distintivo di un “elemento” che varca spazi e tempi in “continuum” naturale. La forma e la sostanza del film è però distribuito, grazie ad un grandissimo lavoro di montaggio, in una irregolare linea narrativa che procede a salti andando avanti ed indietro nel tempo cercando di costruire un legame tra epoche, le persone, le azioni, in un impossibile parallelo tra tutte le storie. Questo meccanismo è forse la cosa più interessante di un’opera trina, diretta separatamente (ed in alcuni casi in contemporanea) dai tre registi che hanno impresso ognuno la propria matrice espressiva (c’è da dire però che le parti più riuscite sono quelle dei Wachowsky: i tentativi di fuga dei vecchietti dall’ospizio prigione, i due segmenti ambientati nel futuro), che lo rendono un film a momenti discontinuo, a momenti emozionante. Cloud Atlas è nella sua summa un film dal sapore epico, pretenzioso, a volte prolisso, ma “dannatamente” coraggioso. Il film è zeppo di citazioni cinematografiche che vanno da 2022 i sopravissuti passando per Blade Runner, Babel e Tree of Life che annovera un cast stellare fra cui spiccano Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Ewaving e James D'Arcy. Una pellicola arzigogolata e forse anche fuori luogo. Senza mezze misure. O si ama o si odia.
giudizio: ** 1/2

(Giovedì 10 Gennaio 2013)
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