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Non "svegliare" il demone che dorme

Sinister

Ethan Hawke scrittore horror fa i conti con la paura vera


di Roberto Leggio


Cosa sareste disposti a fare pur di raggiungere il successo? Senza vendere l'anima al diavolo... magari la soluzione è osservare l'uomo nero (Mr. Boogie), probabile burattinaio di omicidi al limite del sadismo. Ellison Oswald è stato uno scrittore che ha azzeccato il successo con un “libro di sangue” che ha raccontato storie criminali vere, ma che ha messo in ridicolo la polizia. Sono passati dieci anni e quella vena creativa si è inaridita mandando in crisi il suo autore. Così per ritrovare il “furore” perduto, Ellison (Ethan Hawke) decide di trasferirsi con moglie e figli in una villetta al limitare di un bosco, un tempo abitata da una famiglia “suicidatasi” in un’impiccagione collettiva, tranne la figlia più piccola misteriosamente scomparsa. Il luogo ha da subito sullo scrittore un fascino perverso, in quanto cova l’idea di scoprire cosa sia successo e perché. Venuto in possesso di una serie di filmini in Super 8 che ritraggono la tragedia ed altri crimini avvenuti negli anni, Oswald capisce di avere tra le mani materiale per un nuovo successo. Inseguendo questo sogno e fregandosene delle avvisaglie di un incubo che diventa ogni giorno più concreto, lo scrittore spalancherà le porte ad un’antica divinità pagana trascinando se stesso e tutta la famiglia nell’ineluttabile spirale di terrore.


Tenendo bene a mente i dettami del genere più classico, Scott Derrickson, costruisce un film diviso in due, dove il thriller scivola lentamente nell’horror, dove non è tanto il sangue a mettere paura, piuttosto i rumori, le ombre, i suoni a far saltare sulla sedia. E per farlo si prende tutto il tempo che gli serve per avvolgere gli spettatori ed il personaggio principale (lo scrittore, che come insegna Stephen King, è il vaso di pandora di tutti i mali) in una spirale d’angoscia, con tanti brividi e terrori veri. Si perché il film mette davvero paura e anche quando tutto è finito, ti senti qualcosa di maligno attaccato addosso. Ma oltre il terrore, il film riflette sulla capacità che hanno le immagini di agire sulla psiche e la curiosità. Su questo piano Sinister, diventa una sorta di meta-horror, nel quale il rapporto tra cinema e spettatore diventa il più stretto possibile. Ed è proprio il fascino del male “visivo” ad agire sulle scelte dello scrittore, che pur di riaggrappare il successo si lascia afferrare dall’incubo senza poterne uscire più. Sorretto da una sceneggiatura astuta e senza fronzoli, il film si perde un po’ in un finale non per nulla a sorpresa. Ma per arrivare fino a li la paura che ha messo addosso giustifica qualsiasi “consueta” chiusura.

Giudizio: ***



(Giovedì 14 Marzo 2013)


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