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Remake del capolavoro horror di Sam Raimi

La casa

Troppa emoglobina e poca creatività registica firmata da Fede Alvarez


di Mirko Lomuscio


La voglia di remake ha colpito anche un caposaldo del cinema horror, come La casa che, prima di essere un punto di riferimento del genere d’allora, è stato il trampolino di lancio di una delle menti creative più importanti della recente settima arte: Sam Raimi.
Quest’ultimo, assieme ai soci Robert Tapert (produttore) e Bruce Campbell (attore), mettendo piede alla produzione di questo rifacimento sceglie come direttore d’orchestra il misconosciuto Fede Alvarez, che si è fatto un nome grazie a qualche cortometraggio (su You Tube gira il suo Panick attack!).
La premessa è logica sin da subito; prendere le distanze dal capostipite come stile, accennando a ciò che più di tutto rappresentano gli emblemi de la serie La casa.
C’è il libro dei morti, gli indemoniati, la violenza con sangue a fiumi e tanti arti tagliati a mo di motosega o altri attrezzi che affettano.
Non c’è Ash, ovviamente, e quella magia registica a cui Raimi ci ha abituati e che gli ha aperto la via verso produzioni più corpose del cinema hollywoodiano (i tre Spider-man e il recentissimo Il grande e potente Oz). Alvarez tenta la carta dell’horror classico e racconta la sua versione de La casa aprendo le danze ad una storia di magia, con un incipit che allontana da subito questo remake dall’ironia di sottofondo del film del 1982.




Si passa poi alla storia del gruppo di ragazzi isolati in un cottage nel bel mezzo di un bosco, dove, lontani dalla civiltà, tenteranno di passare un po’ di tempo assieme.
Ma non sarà così; trovato un vecchio libro rilegato in pelle, i giovani andranno incontro ad una maledizione secolare che li metterà contro un’entità maligna.
La salvezza verso l’alba rimane l’obiettivo primario. Ma chi ce la farà?
Nulla da fare,per quanto si voglia vederlo con occhio benevolo questo La casa remake sa molto di operazione di ripiego o, meglio ancora, rifacimento di cui non se ne sentiva largamente bisogno.
Qua si pecca di dettagli sparsi e troppa introspezione dei personaggi, con tanto di drammatico rapporto fratello /sorella che sinceramente abbassa di molto i toni horror.
Si cerca di dare mega spiegazioni al passato dei protagonisti, cercando magari renderli più realistici.
Ma lo sbaglio maggiore di Alvarez in questo eccesso narrativo, perché dove Raimi guadagnava in virtuosismi di macchina e violenza slap stick da cartoon, qua si perde in voglia di narrare una storia che misceli personaggi veri a fiumi di sangue, senza però calcolare che agendo così si perde la fonte primaria di cui era fatto La casa 1982: la creatività.
Questo lungometraggio, preso come film a se, funziona per chi si accontenta di poco e cerca un horror dozzinale, fatto di spaventi e violenza estrema, con qualche apparizione da fantasma giapponese.
Ma l’assoluta assenza di humour e di una regia in cerca di virtuosismi lo penalizzano come remake, facendo rimpiangere chi ha adorato le avventure di Ash nella saga che lo ha reso protagonista, o meglio ancora icona del genere horror.
Per fare un buon horror non c’è bisogno di sola emoglobina ma anche di tanta creatività.

giudizio: **





(Lunedì 22 Aprile 2013)


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