 La vita “agra” di uno scrittore tra le strade e le feste di una città bellissima e cafona. La Grande Bellezza Sorrentino spoglia Roma fotografando un "mondo" nascosto e allo sbando
di Roberto Leggio Jep Gambardella è uno scrittore (di un solo libro) e un giornalista di costume che guarda disincantato la città di Roma dal suo bellissimo terrazzo sul Colosseo. Arrivato a sessantacinque anni, vorrebbe fare il punto della situazione di una vita buttata in perenni feste agitate da un bestiario umano senza qualità. Fustigatore “apparente” di cafonaggini d'alto bordo, l'uomo gode del mondo di cui si circonda (divette, attori e attrici falliti e cocainomani, palazzinari, cardinali-cuochi, spogliarelliste in crisi di identità) diventando cantore di un mondo cristallizzato in luci, ombre e pailette. Fuori Roma, vecchia meretrice di anime solitarie, resta indifferente e indifesa nel carnevale grottesco e scurrile che la vive e la osanna.

Paolo Sorrentino, si cala nel girone dantesco di una società che si trascina nel vacuo di un nulla cosmico. La vita dolce di felliniana memoria, grava sul film, ma lo cancella quasi subito perché quel micromondo non fa quasi più scalpore. La galassia raccontata da Gambardella è per lo più ignota alla gente comune, ma la riconosce attraverso i gossip di beceri giornali che paiono venire da un mondo alieno. Sorrentino, provinciale giunto nella capitale a far fortuna, questo mondo lo conosce e perciò lo isola, lo sonda, lo fustiga attraverso le parole di chi fu scrittore di “apparati umani”, adesso solo osservatore di corpi che si lasciano “distrattamente” divertire per proprio ego. Un film di luoghi, di monologhi, di capziose vacuità che inanellano pittoresche derive umane. Un capolavoro ostico, che non esalta nessuna morale, che non da risposte (sempre ché le abbia poste) e trova nella metafora dei trenini (che non portano da nessuna parte) la innegabile e disperata bellezza.
Giudizio: ***

(Giovedì 23 Maggio 2013)
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