 Un Hitchcock ancora da scoprire grazie al libro di Riccardo Palmieri "Alfred Hitchcock. Il maestro del brivido" Edito da Armando Curcio editore
di Oriana Maerini  Un libro diverso, perché su di lui, su Alfred Hitchcock, è stato scritto e detto tutto. Eppure qualche piega nascosta del carattere, della personalità, della genialità di Hitch, il regista inglese gran maestro di molti brividi sia sul grande schermo sia in tv, qualche piega c'era rimasta da esplorare. Lo ha fatto il giornalista e critico cinematografico Riccardo Palmieri con "Alfred Hitchcock. Il maestro del brivido" (Armando Curcio Editore), uscito poco tempo fa. Le occasioni ghiotte ci sono eccome, visto che sono passati 50 anni dal celebre "Gli uccelli" e ben due operazioni interessano l'universo hitchcockiano, sempre incredibilmente, 'terribilmente' attuale per le sue visioni anticipatrici, le sue ossessioni morbose, le sue sperimentazioni registiche all'avanguardia e sorprendenti ancora oggi: un film innanzitutto, "Hitchcock", di Sacha Gervasi, con Anthony Hopkins meravigliosamente calato nei panni del regista inglese e "The Girl", serie della BBC sulla figura privata di un Hitchcock preda delle sue stesse nevrosi e tensioni stilistiche, interpretato invece da Toby Jones. Ma non sono solo le occasioni celebrative ad aver fatto scattare l'operazione, perché nel libro di Palmieri per la Curcio (corredato da una selezionata gallery fotografica, anche del periodo inglese, bianco e nero, muto, meno conosciuto dai più) si leggono le ragioni interpretative di molte scelte del regista, di soluzioni tecniche innovative per l'epoca, di rapporti interpersonali - critici e anche difficoltosi - con produttori, attori e, soprattutto, con sua moglie Alma Reville, una donna che ha dovuto vivere certamente all'ombra di un uomo ingombrante non soltanto fisicamente. Un uomo pigro, timido ai limti del patologico, imbranato con il gentil sesso e insieme diabolicamente attratto da esso. Si ripercorrono e soprattutto analizzano le sue ossessioni per le donne bionde, per certi dettagli del corpo femminile come della scelta di certe inquadrature, di certi colori, di determinati, imbarazzati silenzi nella partitura sonora dei suoi film. E si legge, parafrasando Francois Truffaut, il regista francese che, da appassionato collega, ha conosciuto forse meglio di tutti Hitchcock, quanto Hitch ha avuto da dire su stesso in maniera chiara e comprensibile anche per i non addetti ai lavori. Un ultimo capitolo è dedicato infine ai "grandi film malati", cioè i film non fatti, quelle opere letterarie, quegli spunti, quei soggetti che chissà cosa sarebbero potuti diventare nelle mani del Mago del brivido. Curiosità cinefile, insomma, ma forse anche qualcosa di più e per tutti i gusti.
(Mercoledì 28 Agosto 2013)
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