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Un piccolo gioiello antidopo al cinepanettone

Still life

Seconda regia del produttore Uberto Pasolini


di Oriana Maerini


Il secondo lungometraggio di Uberto Pasolini, italianissimo produttore cinematografico espatriato a Londra, diventato celebre per aver prodotto "Full Monty" di Peter Cattaneo, è un vero gioiello e si è meritatamente aggiudicato il premio come migliore regia alla 70esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia dove è stata visto nella sezione Orizzonti. Il regista di "Machan" è rimasto colpito dalla vicenda di persone che molto spesso nelle nostre grandi città occidentali muoiono sole e sono sepolte in modo burocratico dai servizi comunali. Per mesi ha seguito il lavoro degli impiegati che tentano di rintracciare i congiunti nella speranza di dare un saluto più dignitoso ai defunti. Questa storia sul grande schermo assume la "strepitosa" faccia di Eddie Marsan, un bravissimo attore inglese, finalmente protagonista, che interpreta John May. Solo come le persone che seppellisce scegliendo musiche e discorsi adatti, questo impiegato dal carattere schivo e dai gesti un po' ossessivi mette tutta la sua umanità nello svolgimento di un lavoro ingrato che ama profondamente. Ma senza successo: non riesce mai ad intercettare un amico o parente del "non caro estinto" che si faccia carico di dare l'estremo saluto. Fino all'ultimo caso, quello di William Stoke, un alcolizzato che viveva di fronte a casa sua, morto da solo e ritrovato molti giorni dopo. Ormai licenziato dalla "spending review" comunale che trova troppo oneroso e lento il suo iter lavorativo John non si dà vinto e, alla stregua di un ispettore di Polar, segue passo passo tutti gli indizi che gli permetterano di ricostruire la vita del barbone per dargli una dignità.



Pasolini ama il suo personaggio fino ad ammettere che gli ha donato un po' della sua personalità e si vede. John May commuove con i suoi gesti pacati, la sua gentilezza schiva e la sua trasformazione psicologica durante il film è una forma di riscatto che un finale triste non compromette ma esalta. Ottima è la scelta regista di giocare sul cromatismo (si parte da un colore desaturato, quasi bianco e nero per arrivare a toni caldi) per mettere in evidenza la rinascita dell'impiegato metodico e triste che, donando dignità alla vita di un morto dimenticato da tutti, riscatta e dona calore umano alla sua.
La macchina da presa è quanti sempre fissa ed il ritmo è volontariamente lento ma il film non annoia, anzi. Intriga come un noir e ci fa tifare per questo strano genere di ispettore che indaga sulle vite altrui per recuperarle post mortem.
Non si può non uscire dalla sala con senso di orgoglio per questo personaggio che dona la sua "tomba panoramica" ad un barbone ed alcolista sconosciuto per finire nella fossa comune anche se il finale con i fantasmi riconoscenti che lo riscattano da un funerale solitario è forse un po' eccessiva. Pasolini ci fa riflettere sull'isolamento in cui viviamo, sulla spersonalizzazione delle nostre vite. Lo scopo dichiarato del regista era quello di creare un film in grado di lasciare un impronta emotiva nello spettatore. Still live centra il suo bersaglio: usciamo dalla sala più consapevoli del valore di un approccio solidale con il prossimo.
Il film è un antidoto al cinepanettone che consigliamo a chi, al cinema, vuole trovare contenuti forti e non solo risate trash.

giudizio: ***



(Sabato 14 Dicembre 2013)


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