 Seconda parte della nuova trilogia che anticipa Il Signore degli Anelli Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug Più azione, più scrittura, nel sequel a tutta tecnologia (digitale)
di Roberto Leggio Il signore degli anelli esiste.... a metà. Peter Jackson ormai si può permettere di tutto in quanto le avventure “filologiche” del romanzo fantasy per eccellenza. Già qualcosa nella prima trilogia filmica “dell’anello” era un po’ diversa del librone scritto daTolkien e i puristi avevano storto il naso. Ma qui in questa nuova trilogia di nani, elfi, Bilbo Baggins e Gandalf il mago, qualcosa è andato oltre. La seconda puntata della nuova trilogia della Terra di Mezzo, mette in scena perfino personaggi nuovi di zecca che con la storia originale (la “compagnia dei 13 nani” comandati da Thorin Scudodiquercia, il mago Gandalf e lo hobbit Bilbo Baggins devono combattere contro tutto quello che può venire in mente in un mondo fantastico) non hanno nulla. Per dare più azione ad un film già d’azione come ha confessato Peter Jackson, ma purtroppo il molto cozza con l’ecdotica dell’originale quando ti ritrovi l’elfo Legolas sessanta anni prima delle avventure della “compagnia dell’anello” e una nuova guerriera elfa un po’ ninja Turiel. Cose che accadono solo nei film, si potrebbe dire, ma il tradimento di un libro (tra l’altro solo per bambini, come era nelle idee originali di Tolkien) porta a molti dubbi sull’intera operazione in sé. I fans sfegatati, hanno scatenato la rete dicendo che due personaggi in più in un film che già di suo non è così “perfetto” come dovrebbe, sono una manovra per dare più corpo ad una storia che si svolgeva nell’arco di solo trecento pagine. E pur vero che la costruzione del film getta le basi per quello che accadrà appunto nella trilogia successiva e che alcune cose (come gli elfi silvani) sono estrapolati dalle note a termine del romanzo Lo Hobbit, così per raccordare tutto quello che qui potrebbe sembrare assurdo.

Il film odierno si prende in questo modo tutto il tempo per rilanciare la mitologia di un unicum (Il Signore degli Anelli, appunto) reinventando in parte la sua leggenda senza però tralasciare nulla. Così il film inizia prima della missione di Thorin per “riconquistare” il tesoro perduto (e adesso “soprasseduto” dal drago Smaug), dove veniamo a sapere nel dettaglio i vari perché del ritorno sul trono di uno dei Principi dei Nani. Poi si torna al “dove eravamo rimasti” e cioè dopo il salvataggio in extremis del gruppo da parte delle aquile. Qui finiscono nella casa dell'uomo Orso, che non è così malvagio come si pensa, tanto che li foraggia per bene indicandogli la strada per il Bosco Atro (luogo maledetto, dove è facile perdere la testa), dove finiranno a combattere contro i Ragni Giganti (che tra l'altro li avvolgeranno in mastodonti bozzoli) per poi scappare dalle grinfie degli Orchetti che li inseguiranno fino a Laketown alle pendici della Montagna Silenziosa, dove verranno salvati a più riprese dagli elfi silvani di Legolas e Turiel (che, oltre a combattere con la spada, il pugnale, l'arco e le frecce, prova una sorta di amore interrazziale per il nano più giovane e bello). Gandalf intanto è costretto dalla ragione e dal “futuro che lo aspetta”, a dividersi dalla compagnia per affrontare prove più importanti da solo. Non attendendo il ritorno di Gandalf, il gruppo dei Nani assieme a Bilbo, si imbarca verso la meta e una volta arrivati all'interno del Monte, si trovano al cospetto del drago Smaug dormiente su un letto d'oro. Dopo uno “creativo” scambio di battute con Bilbo (il quale riesce a recuperare l'arkengemma) i nani e lo hobbit devono cercare di uccidere il drago e non riuscendoci, il mostro si alza in volo verso Laketown, deciso a vendicarsi e uccidere più gente possibile. La terza parte attende...

L'azione come si vede non manca e Peter Jackson è bravo a tenere sempre alta l'attenzione di un film che per necessità (e per la sua espansione) non deve mai abbassare la guardia. Certo, come il primo episodio, il film quando non è rutilante si inceppa un po', per poi riprendersi alla grande. Quello che resta, nel Real 3D a 48 fotogrammi al secondo (che rende tutto molto artificioso), è uno spettacolo di classe ma che assomiglia sempre di più ad un enorme videogame, dove i personaggi “reali” si muovono in un gigantesco cartone animato in carne ed ossa. Ma non è detto che ciò faccia male al neo-realismo di questa trilogia fantasy che polverizzerà il botteghino, anche perché tutto è reso nel miglior modo possibile anche grazie ad una sceneggiatura raffinata e compatta. Resta però il retrogusto di un opera che sebbene si evolva con l'immaginazione del regista (tra l'altro davvero maturo), si adagi troppo sulla sua carica mitologica, tanto che alla fine viene da chiedersi se si tratti di un operazione solo per i fans e non per tutti.
Giudizio: **1/2

(Venerdì 13 Dicembre 2013)
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